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Cronache della colecisti, episodio 4: la cistifellea i calcoli li fa bene

Un posto letto in chirurgia è meglio non farselo scappare, quindi appena sparisce Insider subito arrivano un altro letto e un altro paziente. E, se fino ad ora ci era andata bene, purtroppo (e per la legge dei grandi numeri, tanto cara a Max) questa volta non è così: ci arriva, come scopriremo presto, un ipocondriaco egocentrico spaccaballe, entrato per una pancreatite e al quale, fino ad ora, hanno "solo" tolto la milza (il pancreas, invece, è ancora lì, bello infetto); e che, per brevità, chiameremo Amilzare, con la "a" privativa. Per il momento è tranquillo nel suo dolore, ma non durerà...

Arriva con la figlia la moglie di Immobile, una fragile signora tanto carina che si appoggia ad un bastone da passeggio per supportare la gamba alla quale, qualche anno fa, han tirato via una grossa massa tumorale e che, come mi racconta, "non regge più come una volta". Il marito ronfa, intontito dalla sedazione; lei resta oltre l'orario di visita normale e gli siede accanto, ogni tanto parlandogli. Quando Thomas passa con i pasti gli chiedo una bottiglia d'acqua in più (ve l'avevo raccontato che l'acqua è razionata, durante il giorno? Mezzo litro a pranzo, mezzo litro la sera, e se il dottore ti dice che devi bere di più o t'attacchi al rubinetto del bagno o chiedi ai tuoi visitatori che te ne portino... oppure, ricicli le urine!) e la offro alla signora, poi mi siedo a consumare la cena e quasi subito mi accorgo che manca la mousse, quindi mi rialzo e inseguo il mio infermiere preferito lungo il corridoio. "Thomas, scusa..." "Ancora tu? Cosa vuoi ora?" "Per caso, la mela passata è passata di qua? Perché da me non è passata" "Eh?" "La mousse, non me l'hai data!" "Ah no?! Oh, scusa, ecco, era caduta su un altro vassoio... dai, visto che sei tu, tieni, te ne do due confezioni". Così, mentre un altro paziente probabilmente si trova a chiedersi che è accaduto alla sua, di mousse, io torno in stanza con due scatolette e ne offro una alla signora, pensando che abbia fame. "Grazie, mille grazie. La darò alle bambine domattina!" Sto per dire: "Ma signora, era per lei ora, nel caso avesse fame...", ma poi mi mordo la lingua e lascio perdere, a volte non c'è altra via d'uscita, e le apro la bottiglietta d'acqua che non era riuscita a disigillare.

Vedo con piacere mia sorella Chiara, che da il cambio a mia madre per una volta, immagino anche lei curiosa di conoscere questi personaggi del boschetto della mia fantasia. Mia sorella, un'altra di quelle donne che non sai dove trovino il tempo e la forza: a parte il lavoro presso Villa Arzilla, dove accudisce anziane signore che passano il tempo ad escogitare nuovi modi di farsi male, ha due figli "da tendere" e da scarrozzare in giro per la vita e ora trova pure il tempo di fare un salto a Vicenza a venire a sentire le mie farneticazioni. Misteri della genetica.

Pomeriggio di lettura: qualcuno durante la notte mi ha arrotato il cavo di alimentazione del portatile con il trabiccolo delle flebo e la batteria ormai si è esaurita, quindi mi son fatto portare i 3 libri che avevo posizionato strategicamente sul comodino: "La scuola di pizze in faccia del professor Calcare", importante palestra di vita che uno viva a Rebibbia o meno, "L'inverno sta arrivando" sulla serie Game of Thrones e "Il segreto nello sguardo" della carissima amica Valentina Casarotto, cartomante sensitiva nonché biografa di pittrici e della loro carriera. Scelgo quest'ultimo, che avevo già letto tempo fa ma che ho deciso di riprendere ora che sono più "old and wise", come cantavano Alan, Parsons e i loro amici; e riscopro il piacere di leggere, qualcosa che parrà strano ma con il mio lavoro non riesco a concedermi come una volta a causa dei pochi tempi morti disponibili.

Cena (non ne parliamo), ed è già di nuovo ora di visite. Arriva tra gli altri la morosa di Amilzare, premurosa e paziente, a cui lui prima rifila una ventina di minuti di spiegazioni su tutto quello che si sente e quel che i medici non hanno capito e quel che gli infermieri non stanno facendo (tanto che ti verrebbe da dirgli "benedetto da dios, ecco, tieni, questo è un coltello, perché non ti operi da solo, così la facciamo finita?!") e, poi, per ringraziarla della visita, se ne esce con un "beh, se domani non hai niente da fare, perché non vai a ripulirmi casa?". Lei resiste, per ben due ore e mezza, e davvero non si sa dove trovi la forza. Io leggo, Bronco respira affannosamente, Immobile... niente, resta immobile.

La notte la passo sudando, la febbre s'alza di meno ma s'alza comunque e non dormo granché bene, sicché al mattino c'è stanchezza, unita alla voglia di andare a farmi una doccia per togliermi di dosso un po' di odore di ospedale.

La sveglia è alle 6, prima che il gallo canti, quando ti fanno i prelievi da mandare al laboratorio per le analisi; offri il braccio al vampiro di turno, poi ti riassopisci fino alle 6:30, quando passano a misurarti febbre e pressione, schisciandoti il braccio in una fascia che una macchina automaticamente gonfia, gonfia, gonfia mentre tu speri che l'ingegnere che l'ha progettata si sia ricordato di mettere un qualche tipo di blocco (se no, ti troverai presto con un braccio molto ma molto sottile); di nuovo a dormire, finché non arriva la donna delle pulizie, e poi gli infermieri che ti chiedono "tu che puoi, gentilmente, tira su le chiappe dal letto così possiamo rifarlo", e allora tu vai a far le abluzioni mattutine, sempre con l'obiettivo della doccia ad una qualche ora. La colazione arriva tra le 8 e le 8:30: fin dall'inizio ho optato per biscotti e miele e yogurt ed un bel bicchierone di the caldo, mi piace la combinazione, perché cambiare squadra vincente dopo tutto?! Mi siedo sulla mia seggiolina e, con mosse misuratissime, mi concedo il primo vero piacere della giornata.

Nel frattempo, Bronco è stato messo a sedere in poltrona, mentre Immobile ed Amilzare vengono ripuliti con cura dai loro angeli in casacca verde. Amilzare ha proprio un bello sbrego frontale, spero gli abbiano messo una cerniera zip perché se son solo punti hanno usato almeno due rocchetti di filo da sutura ne ha più lui che la Juventus e la Lazio assieme (e poi, sai mai, può tornare utile in un futuro). Quando passa il medico e mi dice che ancora per tutto il finesettimana non mi dimettono, ché ancora i valori non si sono normalizzati, non so se essere contento o meno: il dolore c'è, sempre, costante, ma riesco a tenerlo a 2 posizionandomi nel modo corretto e quindi vorrei uscire da quella che i latini chiamano "incertidumbre", che suona alle mie orecchie ancor meglio di "incertezza" perché sì, è divertente scrivere queste storie ma io lunedì prossimo avrei dovuto partire per il Messico e invece son bloccato qui, e le balene al largo delle coste della Baja California non aspettano certo me, sedute (citazione). Avevo pensato a tutto, quando ho organizzato mesi fa il tour di marzo, ma non avevo fatto i calcoli con la cistifellea... non ancora, probabilmente.

Sgattaiolo a farmi la doccia in una stanza in cui la parte igienica è separata da una larga tenda dal resto, utilizzata come magazzino. Una figata per chi di solito si lava a macchia di leopardo solo con delle pezzette insaponate: l'acqua calda che ti piove addosso, il docciaschiuma e lo shampoo che ti tolgono quegli odori che ormai ti hanno reso un po' parte dell'arredo, la libertà di muoverti in uno spazio non ristretto e, per qualche minuto, non condiviso (almeno fino al momento in cui un'infermiera entra per prendere dei panni, e si limita a dire "oh, non sapevo ci fosse qualcuno qui dentro... beh, per fortuna che c'è la tenda tirata"... solito finto perbenismo: vedono più corpi nudi loro che gli abbonati a Playboy, dove starebbe il problema? Uno più, uno meno...).

Resto della mattinata passato a leggere, ché di ascoltare i deliri di onnipotenza di Amilzare non ne ho voglia, poi mi viene il colpo di genio: mi ricordo che Wall-e, il mio vecchio handbook Samsung, è pronto all'uso in una borsa, quindi chiamo a casa e chiedo che mi venga cortesemente portato da chi verrà a trovarmi nel pomeriggio. Ci pensa mia madre, ed ecco che sono di nuovo telematico, ma la realtà è che ho davvero ripreso il piacere di rileggere e così procederò con la storia di Rosalba Carriera, e il computer mi servirà per guardare un film la sera (pessima scelta: Viaggi di Nozze, di Verdone; prima volta che lo vedevo, ne avevano sempre parlato tutti bene, io non ci trovo né capo né coda, a parte qualche macchietta o tormentone davvero una delusione).

Passa a trovarmi anche il mio figlioccio Francesco, e parliamo di come vanno il suo lavoro e la sua vita ché, della mia, al momento c'è poco da dire. Ma è la giornata delle visite: in serata passano Valentina ed Andrea, e incontro pure una mia ex-compagna di classe, Elisabetta, venita per ricoverare la madre. Fuori, il mondo lentamente impazzisce, mentre le regioni ad alto tasso leghista si scoprono infette e, soprattutto, infettive, e la gente corre a comprare mascherine e gel per pulirsi le mani, come se questo li proteggesse di più del corazon della vergine Maria in cui, apparentemente, hanno improvvisamente perso la fiducia (a meno che non sia stata lei a dirgli di far così, nel quarto mistero di Fatima... o era il quinto? Ho perso il conto, le vie delle signore sono davvero infinite!).


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inserita il 23/02/2020
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