Qui lontano, in Sud America, le notizie dall'Europa arrivano ovattate, senza il clamore che hanno sul posto (la cosa è reciproca, ovviamente). Qualcuna, però, colpisce un po' di più.

E' il caso della migrazione epocale (perché fino ad ora non era ancora stato così, in queste proporzioni) che sta attraversando il vecchio continente. Una migrazione di persone che cercano scampo a dei conflitti, o solo delle migliori condizioni di vita, o economiche (che, poi, in molti casi è lo stesso).

Era ovvio che sarebbe andata così, quando molti paesi dell'Europa facevano spallucce alle richieste di Grecia, Italia e Spagna: figurarsi se quelle persone, nella maggior parte dei casi povera gente, abbandonavano la loro vita per cercare un futuro all'interno dei nostri poveri paesi mediterranei, con la Grecia che rischia il default ogni altro giorno e noi e gli iberici che ce la stiamo cavando per il rotto della cuffia. No, le loro mete sono sempre state nel nord dell'Europa, e stupido chi non l'ha capito subito, e non è intervenuto quanto poteva farlo.

Ma quello che mi colpisce è la grande differenza di azioni e parole tra coloro che sono solidali con i migranti e quelli che invece non li vogliono neppure vedere: da un lato, persone che sfidano la legge per offrire un passaggio in auto oltrefrontiera, o condividono quel poco che hanno con chi non ha quasi più niente; dall'altra, persone che sputano addosso ai migranti, persone che li prendono a calci o gli fanno lo sgambetto, paesi che innalzano muri.

L'esodo però non si ferma con calci, sputi e muri: l'acqua che scorre trova sempre un modo di passare, prima o poi, aggirando o scavalcando tutti gli ostacoli. E non possiamo semplicemente far finta di nulla, pensando che questa cosa non ci toccherà: qualche fonte autorevole ha detto che durerà per anni, o almeno finché le differenze di vita tra "noi" e "loro" saranno tanto marcate da rendere per molti accettabile il cambiare radicalmente la propria esistenza, senza sapere cosa li aspetta dall'altra parte, al di là del muro.