Esame accompagnatore turistico a Verona: orale lingua straniera, anzi due
Finalmente, è arrivato il momento di affrontare la seconda parte di questo esame per la licenza di accompagnatore turistico, che tra una cosa e l’altra si sta protraendo per tempi ormai quasi geologici. Ed io, non per fare lo sborone o il Renzi della situazione, ma per ottimizzarli questi tempi, ho deciso di presentarmi non per una lingua straniera, bensì per due. I miei cavalli di battaglia, ovviamente: inglese e spagnolo.
Cercando in internet, non sono riuscito a trovare che pochissime striminzite indicazioni sul come si sarebbe svolto l’esame (e, questa, è una delle ragioni per cui scrivo questa sorta di resoconto), e devo dire che anche il bando non è che aiuto molto. Quindi, mi sono presentato negli uffici della Provincia di Verona, ieri, leggermente preoccup... incuriosito da quello che sarebbe accaduto.
Come me, tutti gli altri. Anzi, altre, ché la stragrande maggioranza dei presenti erano di sesso femminile, il che mi fa pensare che, avendo visto una partecipazione ambosesso all’esame scritto, la maggior parte dei trombati siano stati i maschietti (almeno per una volta nella loro vita). Potrei pure verificare questa affermazione sui risultati dell’esame che ci avevano comunicato, a dire il vero... ecco qua: 47 donne su 70 passati, pari al 67%. Mah, misteri della vita!
In sala di attesa, si attende. C’è chi ripassa alcuni appunti, chi fissa il vuoto, chi parlicchia con la persona seduta accanto. Qualcuno rompe il silenzio, chiedendo se si sono notate alcune domande/risposte dubbie nell’esame scritto, e lì si aprono le cataratte del cielo: ognuno dice la sua, qualcuno si rende conto che forse avrebbe fatto meglio a riguardarle, qualcun’altro che avrebbe fatto meglio a leggerle più attentamente durante l’esame stesso. Io sono sollevato dal fatto che quelle che ho segnalato alla commissione sono le stesse segnalate da altri, con buona pace di chi mi aveva detto "ma chi te lo fa fare di esporti?" (la mia risposta: credo sia corretto nei confronti di chi, magari, è stato escluso dal resto dell’esame per un punto o due).
Finalmente, la responsabile della sessione di esami comincia a chiamarci, cercando di dare la precedenza a chi, venendo da lontano (questa volta ci sono almeno una persona da Roma ed una da Palermo, altri "migranti esaminandi" da località dove questi esami si tengono con una frequenza poco frequente), ha la necessità di non perdere il mezzo di trasporto già prenotato. Appena tornano, dopo periodi di assenza tra i 5 e i 10 minuti, subiscono il terzo grado, per sapere "allora, com’è? e cosa ti hanno chiesto?".
A me della seconda domanda interessa poco, anche perché le domande auspico siano differenti per ogni candidato. Sul com’è, invece, sono curioso, vista anche la breve durata. Ma lo scopro di persona quasi immediatamente, venendo chiamato per il colloquio in inglese...
In una stanza, quattro tavoli e quattro persone, ognuna per una lingua diversa (oggi c’è russo, spagnolo, inglese e serbocroato). Io raggiungo quello nell’angolo più lontano, dove vengo salutato direttamente nella lingua di Shakespeare. Rispondo, e racconto alla mia interlocutrice qualcosa su di me e su quello che faccio, e di come stia imparando a distinguere i vari accenti inglesi grazie alle persone che viaggiano solitamente con me. Poi, mi si fa scegliere una delle buste dal ventaglio aperto sul tavolo, contentente la descrizione di una situazione. Mi tocca "quali sono le cose che comunichi al personale della reception dell’hotel dove sei appena arrivato con il tuo gruppo?". Spiego che li avevo già avvisati del nostro arrivo una ventina di minuti prima, che avevo già chiesto supporto per lo scarico bagagli, che verifico con loro la rooming list (la lista delle assegnazioni persone/camere), che li informo di eventuali necessità particolari (pasti o camere al livello più basso per persone più stanche/più anziane), che concordo gli orari per la cena e per la colazione, se previste. Bene, può andare.
Torno alla sala d’attesa, e anch’io subisco il terzo grado. Gli sguardi intorno a me sono meno tesi che all’inizio, molte persone non hanno mai fatto un tour prima di ora, qualcuna lavora in agenzia viaggi, ma tutti erano un po’ preoccupati da questo salto nell’ignoto; ora, invece, ci si rilassa, c’è chi chiama il fidanzato al telefono, chi si controlla lo smalto delle unghie... chi ripassa ancora, ma quelli son casi clinici, che ci vuol fare, signora mia?!
E viene il turno dello spagnolo: mi si chiede se vogliamo darci del tu o del voi (io opto per il tu, senza indugio), e di raccontare di nuovo qualcosa su di me, e di come ho appreso lo spagnolo (anzi, di quale sia l’origine del mio rapporto con la lingua spagnola). Io mi lancio nella versione lunga, dato che la mia interlocutrice sembra interessata, e le racconto del corso di lingua impartito a mia sorella e me dall’amico scout Francesco Ferrini, della borsa di studio offerta dall’Unione Europea per un mese di corso avanzato in Spagna, e poi dei 18 mesi trascorsi in Sud America (la prima volta: ora, tra quella e l’America Latina, ho totalizzato già 31 mesi, ovvero più di due anni e mezzo). Mi dice che la busta devo sceglierla anche se non ce ne sarebbe bisogno, quindi estraggo a sorte "arrivi con un gruppo di italiani a Madrid al museo dove avete prenotato una visita guidata, e scopri che c’è un errore nella prenotazione e che la guida non è disponibile; che fai?"... ci penso un attimo, mostro alla receptionist lo stampato della prenotazione, questa mi propone una guida dopo un’ora e mezza, dico che sarebbe troppo tardi avendo noi già un altro impegno e chiedo se, per caso, non abbiano una guida in spagnolo o inglese disponibili subito; quella in inglese c’è, quindi dico che io farò la traduzione per il mio gruppo, e tutto viene regolato. Saluto, ed esco.
Ritorno alla sala d’aspetto, e aspetto un po’ per vedere se, data la velocità di ingressi, riescono ad esaurire in fretta i rimanenti e a comunicare già subito i risultati. Ma sono in troppi a voler fare solo inglese, quindi lentamente il processo rallenta e, ad un certo punto, decido di andarmene anch’io.
Ora bisognerà aspettare i primi di giugno, quando la commissione si riunirà e fisserà le date per l’ultimo orale, quello più difficile: la prova tecnica. Io torno a ficcare la testa tra i libri...
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La valutazione più alta è stata 30, la più bassa 19 (il minimo per passare era 18).
I miei risultati? 30 per l'inglese e 29,5 per lo spagnolo.
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inserita il 27/05/2014
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