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Lungo la costa, tra principi e canguri

immagineSabato 3 la sveglia è alle 6, per andare a vedere l'alba tra i Pinnacles. Carichiamo anche una ragazza irlandese, il cui cugino preferisce dormire, e raggiungiamo il deserto dove solo un giapponese ci ha preceduto con l'apparecchiatura fotografica. Tra nubi e schiarite, aspettiamo il sole facendo stupide foto e filmati in pose comiche vicino a questi rimasugli di roccia non spazzati via dal vento (come invece è accaduto alle sabbie che li sovrastavano); il colore, fidatevi, è molto meglio con il sole: il giallo che si espande in mille tonalità rende giustizia ad un paesaggio fino a quel momento grigiastro. Durante il ritorno, assistiamo all'investimento di uno dei tanti canguri "suicidi" (fanno come i gatti da noi, aspettano le macchine e poi si lanciano in mezzo alla strada... la differenza è che il canguro è ben più massiccio!); la macchina non si ferma, lo facciamo noi pr vedere cosa possiamo fare ma la povera bestiola spira tra le nostre braccia, e non ci resta che spostarla sul ciglio della strada). Hazel ha un colloquio con il gestore dell'ostello, che alla fine le promette di assumerla tra qualche settimana, mentre io carico i bagagli in macchina ed assisto, allibito come tutti gli altri che sporgono le loro testoline dalle porte delle camere, a suoni di accoppiamento selvaggio provenienti dalle docce maschili... ma dove siamo capitati???
Lungo la strada, cerchiamo e dopo molte ricerche troviamo l'albero orizzontale, su cui l'effetto delle "leggere" brezze locali si è fatto sentire interamente.
Ripartiamo, e le nostre misere carte geografiche ci fanno perdere per un'ora buona mentre cerchiamo di raggiungere il principato di Hutt River: nel 1970, i contadini del luogo, stanchi di pagare enormi somme alle tasse, approfittarono di un paio di leggi molto vecchie e dichiararono la secessione della Provincia dall'Australia. Oggi, il principe Leonard, un contadino di settant'anni col cervello più lucido che abbia mai incontrato, fa da guida ai molti turisti che visitano il posto, oltre ad occuparsi delle quotidiane faccende campagnole. Il nostro tardo arrivo ci impedisce di visitare ammodo il luogo, quindi dopo un rapido sopralluogo decidiamo di passare la notte in uno dei caravan a disposizione (squallido, ma per 10 dollari basta ed avanza); docce calde, ma niente fornello, così improvviso con un pò di pietre ed un paio di candele per scaldare la zuppa; mi addormento leggendo le memorie del principe, scoprendo che si è interessato di astronomia (se qualcuno dei miei amici italiani volesse mandargli una cartolina di Asiago, magari sarebbe contento...)

Al mattino, sua altezza ci fa fare il giro del piccolo regno (una ventina di abitanti, ma più di 10000 cittadini nel resto del mondo... peccato che non parlino esperanto, avremmo finalmente uno stato... Michela, facci un pensierino!), mi mette i visti sul passaporto e si presta a delle foto ricordo; poi, ci da indicazioni sulla strada da seguire.
Senza perderci, raggiungiamo le scogliere di Kalbarry, dove il vento e le onde hanno scavato e modellato strane rocce (ponti, funghi, volte, e chi più ne ha più ne metta). Pranziamo al volo a Kalbarry, dove un caldo sole rallegra la giornata, e poi andiamo a visitare le gole ed i canyon, compresa quella che è l'attrazione principale: una specie di finestra naturale.
Poi, è tutta una tirata, con gli occhi spalancati per avvistare i canguri suicidi, fino a Shark Bay, cercando di fare benzina in posti in cui non ci ladrino (tempo sprecato). Pernottiamo nel backpacker di Nanga, dopo esserci rilassati nella piscina termale a disposizione degli ospiti.

Il sole ci abbaglia sulla strada il mattino seguente, mentre corriamo in macchina fino a Monkey Mia, località famosa per i delfini. Che, ogni mattina, abituati a ricevere qualche pescetto, si presentano davanti alla spiaggia ed al pubblico attonito. Arriviamo giusto in tempo, ed è fantastico vedere questi deliziosi animali ad un passo da noi (non ci è permesso toccarli, per non trasmettere potenziali malattie) che si strusciano tra di loro e guazzano speranzosi (anzi, fiduciosi) nella loro ricompensa. La giornata è soleggiata, ma l'acqua è bella fredda, così prendiamo alloggio nel backpackers del luogo, assistiamo ad altri due incontri delfinici ed ad un filmato, e poi passiamo il pomeriggio a sonnecchiare (io in spiaggia, a leggere, e Hazel in camera a ronfare davvero): volevo fare l'escursione per avvistare i dugonghi, ma pare che siano già migrati verso nord. Il dopo cena lo passo immerso fino al collo nella piscinetta termale, riuscendo a finire il libro ("Message in a bottle", tradotto in italiano come "Le parole che non ti ho detto") che mi trascinavo dietro da un po'.

È martedì, e dopo aver assistito ad un altro "feeding time" (durante il quale ho l'onore di passare uno dei pesci ai famelici mammiferi acquatici; poco prima, mentre facevo foto ai catamarani all'alba, due delfini avevano pensato bene di passarmi a 10 cm dalle ginocchia!!!), ripartiamo. Prima tappa: Eagle Bluff, una scogliera da cui la vista sulla baia è stupenda. Si passa poi alla Shell Beach, dove tonnellate di conchigliette (più di 6 km, per più di 10 metri di profondità) si ammassano talmente tanto da formare un ottimo materiale per costruzioni, e alla Baia di Hammelin, dove vediamo le Stromatoliti: si tratta di rocce formate da microbi, un pò come i coralli, e pare che siano il più antico organismo vivente, responsabili dell'immissione di un iniziale 20% di ossigeno nell'atmosfera terrestre... questa la teoria: la pratica è che ti trovi una passerella di legno che ti porta nella baia a vedere un pò di rocce, ed onestamente non sapresti distinguerle da quelle del tuo giardino (babbo, perdonami!).
Ripartiamo, e raggiungiamo Carnarvon sotto una pioggia battente, decidendo di sostare per la notte. L'ostello non è granché, ma ci troviamo gente simpatica, e ne approfittiamo per fare abbondante spese al locale supermercato.

Il mercoledì, sempre sotto l'acqua, facciamo 60 km per vedere i "blowholes", ed assistiamo allo spettacolo di onde gigantesche che si infrangono sulle rocce della costa. Poi facciamo rotta per Coral Bay, ma a 20 km dall'arrivo la macchina, che già aveva i suoi problemi con il sistema di riscaldamento non funzionante (anzi, non esistente) e alcune infiltrazioni, decide di abbandonarci, spegnendosi lentamente. Riusciamo a trovare un gentiluomo che ci traina fino all'ostello, dove senza successo cerchiamo di trovare un meccanico. Il pomeriggio piovoso passa con una partita di Trivial Pursuit (ingiocabile, per me: in inglese, e per giunta con domande sull'Australia!) e una cena succulente e lussuriosa.

Giovedì il sole torna a splendere, e mentre Hazel aspetta il meccanico io mi imbarco per un'escursione a caccia di balene. Ne avvistiamo due, madre con piccolo, ma onestamente fanno molte meno evoluzioni di quelle dei delfini che decidono di accompagnarci per un tratto giocando davanti alla prua della barca. Qualche tartaruga ed un serpente marino completano la serie di animali, oltre i pesci che vediamo durante il veloce snorkelling (l'acqua è davvero fredda, non resisto più di 20 minuti). Vado un pò in spiaggia, al ritorno, ma verso le 5 il vento si fa forte e torno all'ostello. Il meccanico, arrivato, pensa che sia la pompa della benzina che è andata al creatore, e promette di tornare l'indomani per sistemarla. Ceniamo, guardiamo "Una settimana da Dio", ci salutiamo, e poi Hazel va a dormire in macchina (per risparmiare) ed io aspetto la corriere che, alle 2 di notte, mi imbarca per Perth.

Sarà una giornata passata seduto, a dormicchiare e ad ascoltare musica, mentre il Greyhound corre sulle strade per depositarmi in stazione alle 18:30. Raggiungo casa di Peter, dove con la di lui seconda sorella andiamo a mangiare in un ristorantino cinese. Racconto la mia esperienza, vediamo assieme le foto, poi vengo qua a scrivere il diario... domattina, volerò a Darwin.

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inserito il 09/07/2004
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