Chi l'ha (il) visto?
Questa cosa del visto per gli Stati Uniti d'America, patria (anzi: Patria) della Libertà, aveva un po' rotto i cosiddetti: essendo io stato in Siria dopo il primo di marzo 2011 (per mia fortuna, dato che quella Siria non esiste proprio più ora), e poi in Iran per lavoro, non potevo richiedere il visto online, il cosiddetto ESTA, e ho dovuto fare la trafila lunga, ovvero: prenotare via internet un appuntamento presso il Consolato statunitense di Milano - dopo aver pagato una somma 10 volte superiore a quella dei miei amici Valentina ed Andrea; ottenere delle fototessera recenti in formato differente da tutti quelli usati per ogni altro documento al mondo; recarmi al suddetto consolato con passaporto e moduli vari e le dette foto, entrarvi passando per i controlli di alcuni poliziotti italiani nevrastenici e sottopormi ad una sfilza di domande poco logiche (bastava leggere le risposte che avevo dato nei moduli di richiesta, dove tra l'altro ti domandano se hai mai fatto commercio di organi, trasporto di materiale fissile e/o partecipato a genocidi vari); recuperare il passaporto vistato dopo alcuni giorni, in località non comoda a me che abito nella provincia vicentina (per fortuna, passavo da Roma per un tour, quindi me lo sono fatto recapitare colà).
Mi aspettavo quindi almeno una di quelle situazioni doganali, raccontate da molti, in cui la guardia - alzatasi al mattino col piede sbagliato - comincia a frapporre infiniti ostacoli tra te e l'entrata sul suolo statunitense (e sì, continuerò a chiamarlo così, per rispetto a tutti gli altri abitanti del continente), tipo che ti sei rasato e non ti si riconosce nella foto, o che hai una maglietta che non gli piace, o qualcosa di altrettanto logico e fondato.
E invece no: un sorridente impiegato doganale mi ha chiesto se era la prima volta che visitavo gli USA, e dove sarei andato; poi, "welcome into the United States, and enjoy your stay!".
Ora rimane solo da spiegare perché noi dobbiamo pagare e fare la trafila per il visto, mentre loro quando vengono in Italia non devono fare niente. Molti paesi applicano quel che si chiama "regime di reciprocità", ovvero gli stranieri devono fare esattamente le stesse cose (e pagare le stesse somme) dei loro cittadini quando si recano all'estero. Noi no. E chi s'è visto, s'è visto.
Racconti che potrebbero interessarti
Lascia un tuo commento
Informazioni
inserito il 25/07/2019
visualizzato: 1476 volte
commentato: 0 volte
totale racconti: 562
totale visualizzazioni: 1417294
Cerca nel diario
Cerca tra i racconti di viaggio pubblicati nel diario di bordo:
Ultime destinazioni
Racconti più recenti
- Sequoie secolari e vite corte come fiammiferi accesi
- Ponti e isole che compaiono dalla nebbia
- Chi l'ha (il) visto?
- Incontri d'anime grandi e piccole in India
- Hampi, imprevisto del percorso
Racconti più letti
- Storie di corna
- La mafia del fiore rosso
- Pulau Penang, ultima tappa
- I 5 sensi
- In missione per conto di Io
Racconti più commentati
- E dagli col tecnico berico dal cuore spezzato... (15)
- In missione per conto di Io (14)
- Sono zia!!! (12)
- 4 righe da Tumbes (10)
- Aspettando il puma (ed il condor, e il guanaco) (10)
Ultimi commenti
- massielena su Sequoie secolari e vite corte come fiammiferi accesi
- Mariagrazia su Fare le cose in grande
- Mariagrazia su Grandi masse rosse
- Massielena su Fare le cose in grande
- Daniele su Fare le cose in grande