Mal di mare... e tanto, anche
Prima o poi doveva capitare, immagino: uno che sceglie di portare a spasso turisti su una nave in mezzo al mar Tirreno, in un'estate "che non era estate", il rischio di soffrire di mal di mare lo corre pure. Però, non me l'aspettavo: solitamente la mia resistenza a questo tipo di eventi è buona.
E, invece, l'altro giorno, il capitano ha deciso di salpare le ancore poco dopo esserci imbarcati, a Livorno, per cominciare la navigazione verso l'isola d'Elba. E il mare, quel farabutto, non è stato a guardare, non se ne è stato liscio liscio come ti aspetti che stia, ma invece si è messo in moto (ondoso) anch'esso.
All'inizio, non te ne accorgi: sei in piedi, sei occupato a sistemare i tuoi viaggiatori nelle loro cabine, a fargli conoscere la nave e l'equipaggio, a confermare le prenotazioni per il giorno dopo. Ogni tanto ti trovi un pò sbilanciato, ma sei in piedi, e riacquisti subito l'equilibrio.
Poi, però, viene il momento della cerimonia di benvenuto, con il capitano che brinda alla salute dei passeggeri mentre la sua nave viene un pò sballottata dai marosi, seguito dall'hotel manager, che è colui che si occupa di tutto quello che non è navigazione e manutenzione della nave, che non sai come faccia a rimanere in piedi dritto come un fuso. E poi ci siete tu ed il tuo collega, anche lui con un'espressione del tipo "era meglio se oggi rimanevo a casa", che cercate di accorciare al massimo il vostro briefing perché ormai l'orario della cena è stato sforato di un po'...
Ingenui! Già quando la campana risuona, e tutti fanno per sedersi a tavola, qualcuno decide di abbandonare la sala da pranzo. Sono le prime avvisaglie. La barca oscilla, sbatacchiata qua e là, e una dopo l'altro le persone spariscono, qualcuno solo per andare a prendere un'altra pastica di "dramamina", i più per non tornare. Ogni volta che i camerieri escono dalla cucina, scoprono che ci sono un paio di sedie vuote in più.
Io resto, imperterrito, al mio tavolo, più per sfida con me stesso che per seria volontà: voglio vedere fino a quanto posso resistere senza impasticcarmi anch'io. Arriva l'antipasto, e lo mangio, anche se la mia testa chiede al mio stomaco che cavolo stia facendo.
Offro il mio braccio per accompagnare un paio di persone che devono andare in bagno, e che se ci andassero da sole rischierebbero di inciampare o sbattere in qualche parte del mobilio del salotto della nave. Altri, intanto, adducendo le scuse più assurde abbandonano la cena.
All'arrivo del primo piatto il mio stomaco entra in sciopero, e così me ne resto a tavola, in debito di ossigeno, senza più mangiare niente, limitandomi a fare presenza quasi inebetita. I miei commensali non sembrano troppo turbati, mangiano tranquillamente, magari loro la pastiglietta magica l'hanno presa.
Altre persone da accompagnare. Un'onda più forte, e gli sportelli si aprono, i piatti cadono, io afferro al volo una bottiglia di vino rosso, tra gli applausi scroscianti dei sopravvissuti.
Ridiamo, ed ogni tanto qualcuno alza la testa per contare i sopravvissuti: da 46 siamo arrivati a 19, poi il dolce dà il colpo di grazia, io mi mangerei le mani pur di mangiare la crema catalana, se non fosse che ho lo stomaco in blocco.
Vinciamo, nel senso che siamo gli ultimi ad alzarsi da tavola, ma è una vittoria di pirro, ché io devo andarmene subito a letto, a stendermi, sperando che passi. E passa, per fortuna, e al mattino dopo il mare è tranquillo, noi siamo in rada e l'Elba ci aspetta.
Ora ho fame, e la colazione è il mio nuovo campo di battaglia.
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inserito il 26/08/2014
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