Oggi abbiamo detto addio ad Aldo Bernar, il mio primo insegnante di lingua esperanto. Aveva 90 anni, certo, ma in quel corpo di "anziano bacucco" (come si definiva lui) c'era ancora la mente pazza e fresca di una persona speciale, che è stata giovane fino alla fine.

Ne ricordo la pazienza, le ghignate, i viaggi avventurosi che gli consentivano, grazie all'esperanto, di viaggiare per il mondo. Ne ricordo la sordità incredibile, e la sua riluttanza a utilizzare l'apparecchio acustico che pure portava, con il risultato che ogni tanto partivano dei fischi assurdi da quell'aggeggio e lui era l'unico che non sembrava accorgersene. Ne ricordo la simpatia, la disponibilità, che non venivano meno mai, neppure quando si intestardiva per qualcosa.

Non so se sarei diventato esperantista, non fosse stato per le sue lezioni. Magari sì, magari più tardi; ma sarebbe stato diverso, forse non mi ci sarei appassionato allo stesso modo. E di certo non avrei conosciuto la mia prima ragazza, Isabella, venuta in Italia dall'Olanda perché Aldo era in contatto con la nonna di lei e stavano cercando di favorire viaggi grazie, di nuovo, alla lingua esperanto; la ospitammo in occasione del Congresso Nazionale di Vicenza, e poi successe quel che successe. Amori, amicizie, passioni, viaggi, persino collaborazioni di lavoro; tutto grazie a quella lingua a cui Aldo dedicava le sue giornate, per far sì che ci entrasse nella testa nel modo giusto, con piacere.

A salutarlo eravamo in molti dei suoi allievi e dei suoi amici, questa mattina; credo che la cosa gli sarebbe piaciuta molto, e che avrebbe sorriso, dall'alto della sua statura, e magari avrebbe pure acceso l'apparecchio acustico per sentire se dicevamo qualcosa...