Torno in Italia, e mi condannano Berlusconi. E, subito dopo, quel gran poeta di Bondi, il vate(r?) del carismatico leader, preannuncia la guerra civile...

Mannaggia, me l’ero dimenticato: dove passo io, scoppiano le rivoluzioni e le guerre (chiedere ad egiziani e siriani per credere). Forse mi conveniva restare in Uganda, invece di tornare a casa... però, magari agli ugandesi non andava proprio giù, ora che hanno da alcuni decenni una situazione di calma politica apparente, con lo stesso leader in sella da un sacco di tempo e nessuna prospettiva di cambiamento all’orizzonte (mi ricorda qualcosa...).

Meglio tornare qui, quindi. Ed assistere al tentativo dello Stato italiano, quello con la S maiuscola, di affermare che la legge è uguale per tutti, nonostante tutto.

Di Berlusconi ci interessa ben poco, ormai: la sentenza è stata confermata, ora aspettiamo solo che faccia il suo corso, con le conseguenze che ne deriveranno. Quel che ci interessa di più, invece, è che anche gli altri che meritano di essere condannati lo siano, e che scontino finalmente le loro pene. Siano essi politici, industriali, sindacalisti, amministratori e giù giù fino al più basso gradino della scala sociale. Ci interessa una giustizia che funzioni, uno Stato che non permetta più l’insulto generalizzato mascherato da "opinione politica" (ma qualcuno li denuncia, quelli che hanno razzisticamente insultato il ministro Kyenge, invece di sbeffeggiarli o compatirli?), uno Stato che non continui a permettere che chi ruba sta fuori e chi è derubato non trovi altro da fare che suicidarsi.

Sarà troppo, chiederlo nel XXI secolo?