Quei nomi
Galle, Banda Aceh, Ko Phuket e Ko Phi Phi... quei nomi, forse, qualcuno di voi li ha sentiti per la prima volta nei notiziari di questi giorni. Altri, forse, ricordano quei nomi da precedenti racconti del mio viaggio dello scorso anno.
Già: come dice mia sorella, "fortuna vuole che ho già passato i paesi che in questi giorni stanno vivendo l'apocalisse"... fortuna?! Chissà... Io quei posti ce li ho nella mente, quella gente ce l'ho nel cuore. In queste ore, tento di racimolare qualche informazione da una assurda televisione che solo a tarda notte passa telegiornali australiani e neozelandesi, e da un'internet che dilapida i miei miseri risparmi. E quel che leggo, quel che vedo, è terribile.
Galle era una cittadina carina, ricca di povertà (ricordo un senso di colpa al pagare 10 eurocent una bottiglietta di cocacola a due simpatici vecchietti nella loro piccola bottega, credo di aver preso pure un gelato per arricchire il loro magro bottino) e di storia (olandese ed inglese), col suo forte e quella signora simpatica nella cui casa ho dormito e che mi ha raccontanto di come avesse salvato due servitrici Tamil durante una rappresaglia dei suoi concittadini. Nella regione di Banda Aceh, nel nord di Sumatra, la guerra civile per questioni (pare) religiose mi aveva impedito di visitare una parte di quella stupenda isola, e per qualche ora avevo accarezzato l'idea di andarci di soppiatto, di notte, con un bus clandestino. Le isole orientali della Thailandia le avevamo scartate, Federica ed io, a causa della stagione monsonica durante l'agosto 2003, e quindi rimanevano una meta nel cassetto per un futuro vicino o lontano... E poi le persone, quelle che gli aerei dei governi occidentali non vanno a prelevare per portarle in ospedali attrezzatissimi, e quelle morte perché nessuno ha pensato di avvertirle in tempo che un'onda gigantesca stava per spazzarle via...
Che devo pensare?
Stamattina sono andato ad immergermi, per vedere un mare di nuovo calmo ed interessante, per cercare di concentrarmi per un paio di ore solo su pesci e bombole e respirazione ed assetto e non-toccare-i-coralli, e non pensare ad altro. Ma era difficile, davvero.
Un tipo mi ha chiesto "come mai sei preoccupato, avevi parenti laggiù?"... ho pensato che non era carino spaccargli i denti con un pugno, e così gli ho fatto graziosamente notare che anche se i miei parenti sono tutti sani e salvi in Italia (non ho notizie di Marta, che non è una parente, ma dato che Volare aveva bloccato i voli in novembre sono ottimista) forse forse migliaia di persone che muoiono in pochi minuti dovrebbero perlomeno farlo meditare (non dico rattristare, mi parrebbe troppo...)
Qui continuano a festeggiare il Natale, forse è anche un modo per pensare che loro questa volta l'hanno scampata.. chissà.
Già: come dice mia sorella, "fortuna vuole che ho già passato i paesi che in questi giorni stanno vivendo l'apocalisse"... fortuna?! Chissà... Io quei posti ce li ho nella mente, quella gente ce l'ho nel cuore. In queste ore, tento di racimolare qualche informazione da una assurda televisione che solo a tarda notte passa telegiornali australiani e neozelandesi, e da un'internet che dilapida i miei miseri risparmi. E quel che leggo, quel che vedo, è terribile.
Galle era una cittadina carina, ricca di povertà (ricordo un senso di colpa al pagare 10 eurocent una bottiglietta di cocacola a due simpatici vecchietti nella loro piccola bottega, credo di aver preso pure un gelato per arricchire il loro magro bottino) e di storia (olandese ed inglese), col suo forte e quella signora simpatica nella cui casa ho dormito e che mi ha raccontanto di come avesse salvato due servitrici Tamil durante una rappresaglia dei suoi concittadini. Nella regione di Banda Aceh, nel nord di Sumatra, la guerra civile per questioni (pare) religiose mi aveva impedito di visitare una parte di quella stupenda isola, e per qualche ora avevo accarezzato l'idea di andarci di soppiatto, di notte, con un bus clandestino. Le isole orientali della Thailandia le avevamo scartate, Federica ed io, a causa della stagione monsonica durante l'agosto 2003, e quindi rimanevano una meta nel cassetto per un futuro vicino o lontano... E poi le persone, quelle che gli aerei dei governi occidentali non vanno a prelevare per portarle in ospedali attrezzatissimi, e quelle morte perché nessuno ha pensato di avvertirle in tempo che un'onda gigantesca stava per spazzarle via...
Che devo pensare?
Stamattina sono andato ad immergermi, per vedere un mare di nuovo calmo ed interessante, per cercare di concentrarmi per un paio di ore solo su pesci e bombole e respirazione ed assetto e non-toccare-i-coralli, e non pensare ad altro. Ma era difficile, davvero.
Un tipo mi ha chiesto "come mai sei preoccupato, avevi parenti laggiù?"... ho pensato che non era carino spaccargli i denti con un pugno, e così gli ho fatto graziosamente notare che anche se i miei parenti sono tutti sani e salvi in Italia (non ho notizie di Marta, che non è una parente, ma dato che Volare aveva bloccato i voli in novembre sono ottimista) forse forse migliaia di persone che muoiono in pochi minuti dovrebbero perlomeno farlo meditare (non dico rattristare, mi parrebbe troppo...)
Qui continuano a festeggiare il Natale, forse è anche un modo per pensare che loro questa volta l'hanno scampata.. chissà.
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Commenti
Il giorno 28/12/2004, Virna ha scritto...
Il giorno 28/12/2004, Vale & Andy ha scritto...
Il giorno 28/12/2004, Massielena ha scritto...
Ho ricevuto un bel po' di telefonate e di richieste da parte di varia gente qui a Creazzo che ti ha conosciuto i quali mi chiedevano sulla tua salute (compresi mio cognato e mia suocera).
Nel rispondere loro che stavi bene mi sono sentito molto fortunato perchè, fatalità, nei momenti in cui le onde travolgevano la gente in Asia noi eravamo a chiacchierare in chat per cui ho potuto dare notizie rassicuranti a tutti e soprattutto di primissima mano.
Qui invece i telegiornali danno notizie quasi ogni mezz'ora; forse anche troppo: Sumatra che si è spostata di 30 metri; l'asse terrestre che si muove; immagini; interviste a gente reperita in posti impossibili; cantanti, giornalisti e sportivi che erano alle Maldive raggiunti telefonicamente dappertutto; ogni sera speciali sulla tragedia; a volte non so cosa pensare......
Nel rispondere loro che stavi bene mi sono sentito molto fortunato perchè, fatalità, nei momenti in cui le onde travolgevano la gente in Asia noi eravamo a chiacchierare in chat per cui ho potuto dare notizie rassicuranti a tutti e soprattutto di primissima mano.
Qui invece i telegiornali danno notizie quasi ogni mezz'ora; forse anche troppo: Sumatra che si è spostata di 30 metri; l'asse terrestre che si muove; immagini; interviste a gente reperita in posti impossibili; cantanti, giornalisti e sportivi che erano alle Maldive raggiunti telefonicamente dappertutto; ogni sera speciali sulla tragedia; a volte non so cosa pensare......
Il giorno 28/12/2004, Mariagrazia ha scritto...
...che Natale...
la terra e l'umanità è dentro a un possente fremito, e noi con i nostri piccoli grandi sentimenti lo siamo con loro. Mi auguro solo che ci sia un fremito d'amore in mezzo a tanta disperazione. Ti abbraccio forte, Dani e grazie per quello che scrivi, ci aiuta a sentirci ancora più vicini a quelle persone che hanno perso tutto, tutto quel poco che avevano.
la terra e l'umanità è dentro a un possente fremito, e noi con i nostri piccoli grandi sentimenti lo siamo con loro. Mi auguro solo che ci sia un fremito d'amore in mezzo a tanta disperazione. Ti abbraccio forte, Dani e grazie per quello che scrivi, ci aiuta a sentirci ancora più vicini a quelle persone che hanno perso tutto, tutto quel poco che avevano.
Il giorno 29/12/2004, Daniele ha scritto...
Ci sono momenti in cui il silenzio è una necessità più che un dovere. Momenti in cui non si può chiudere il mondo dietro la porta di casa, lui là fuori, noi qui dentro a festeggiare. Perché questo non è un Capodanno come gli altri. Il mondo, fuori, ci è entrato in casa senza bussare: è così che fa, quando la gente muore. Il mondo sfonda la porta, ci mette davanti agli occhi le tremende fotografie dei giornali, le strazianti immagini della televisione. Non è possibile restare indifferenti a quel mondo che bussa e muore, magari con una bottiglia di spumante in mano e un petardo nell'altra.
Non si tratta di retorica, né di astratta carità mentale. La necessità del silenzio, come momento di riflessione sulla nostra storia e sul nostro destino di uomini - che in un attimo può trasformarsi nel destino di tutti e viceversa (il destino è capriccioso e non si cura dell'indifferenza) - riguarda chiunque abbia occhi e cuore.
E allora pensiamo che stavolta sia giusto non fare rumore, non festeggiare il nuovo anno con i botti e i fuochi: sarebbe come urlare in presenza di chi soffre.
Non si tratta di retorica, né di astratta carità mentale. La necessità del silenzio, come momento di riflessione sulla nostra storia e sul nostro destino di uomini - che in un attimo può trasformarsi nel destino di tutti e viceversa (il destino è capriccioso e non si cura dell'indifferenza) - riguarda chiunque abbia occhi e cuore.
E allora pensiamo che stavolta sia giusto non fare rumore, non festeggiare il nuovo anno con i botti e i fuochi: sarebbe come urlare in presenza di chi soffre.
Il giorno 31/12/2004, Marco ha scritto...
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inserito il 25/12/2004
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