La bizzarra morte di uno scomodo fiscal
L’Argentina ha smesso da tempo di festeggiare per l’elezione di Papa Francesco, ed è ritornata a pensare ai propri problemi, che sono tanti e gravi: la situazione non è di certo delle migliori, con un’economia che sta crollando a pezzi, e tentativi sempre più temporanei di impedire che gli investitori stranieri chiedano conto dei loro soldi, precipitando il paese in un’altra delle sue ormai (troppo) frequenti crisi economiche; di quelle forti, che vai a letto la sera con i soldi che ti bastano per un’altra settimana e ti risvegli che ora non ci compri neppure una colazione per la tua famiglia.
La presidentessa, Cristina Fernández de Kirchner, vedova del precedente presidente Nestor Kirchner, nel frattempo si occupa solo di comprarsi nuovi vestiti, di fare gaffe (possibilmente quando è in visita in paesi stranieri), di curare le molteplici proprietà della sua famiglia (possiede mezza Patagonia, pare). O, almeno, così dicono i suoi accusatori.
Fino a circa un mesetto fa, di quegli accusatori ce n’era uno di più. Si chiamava Alberto Nisman, e faceva il "fiscal", ovvero il procuratore di polizia. Indagava su un fatto risalente a vent’anni addietro, quando un furgone carico di tritolo esplose nel parcheggio seminterrato dell’edificio ospitante gli uffici dell’Associazione Mutualità Israelita Argentina e della Delegazione delle associazioni israelite argentine, causandone il crollo e la morte di 85 persone. Fu, quello, il più grave attentato terroristico contro la comunità ebraica in Argentina.
Le voci di un coinvolgimento di Hezbollah e iraniano si sono rincorse per molto tempo, e ad un certo punto pare sia venuta fuori la storia di un tentativo (riuscito) da parte del governo argentino di insabbiare la vicenda in cambio di migliori relazioni commerciali con l’IRAN. Una storia sulla qualche ha cominciato ad indagare Nisman, fino al punto di arrivare ad incriminare la presidente della repubblica, il primo ministro ed altri funzionari.
Peccato che, proprio il giorno prima di presentarsi in Parlamento per un’udienza in cui avrebbe dovuto illustrare le sue accuse, il signor Nisman sia stato trovato morto all’interno del suo appartamento. Sparato. "Suicidio!", ha subito gridato Cristina.
Le indagini della scientifica non hanno però trovato tracce di polvere da sparo sulle mani del povero procuratore, contribuendo ad infittire il mistero. Ovviamente, il caso è divenuto IL caso, e accuse e controaccuse hanno cominciato a volare, in un periodo in cui la campagna elettorale presidenziale sta per iniziare, e non si sa ancora chi sarà candidato per chi (Cristina non può, perché è già stata eletta per due volte di seguito). Decine di migliaia di persone sono scese per strada già una volta, per chiedere giustizia e verità.
Ma qui, in Argentina, son cose che succedono da anni, e i politici ci sono abituati: le madri, ormai nonne, di Plaza de Mayo continuano, ogni giovedì, a camminare in cerchio (ho di recente scoperto il motivo di questa tradizione: pare si tratti di una risposta pacifica ma intelligente alla richiesta della polizia di "circolare", fatta durante la prima manifestazione) attorno al monumento principale della piazza, chiedendo di sapere cosa è successo ai loro figli, scomparsi durante la dittatura militare di 30 anni fa. Giustizia? Verità? La strada è ancora lunga...
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inserito il 08/03/2015
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