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L'Ecuador me lo ricordavo più asciutto

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Sarà la stagione, saranno le montagne che fanno muro come pallavoliste alle pioggie che arrivano dall'oceano e dalla foresta amazzonica, sarà quel che volete, però l'Ecuador me lo ricordavo più asciutto: da ché è cominciato il tour, fino a quando è finito qualche giorno fa, e poi ancora dopo mentre mi aggiravo alla ricerca del carnevale più ambito, quello di Ambato, le sole ore in cui non pioveva erano quelle in cui le nuvole basse ammantavano o, per meglio dire celavano, tutto quello che sarebbe stato possibile vedere all'orizzonte. E così se ne sono andati i vulcani, sia il Cotopaxi che il grande Chimborazo, la cui vetta è il punto terrestre più distante dal centro del pianeta (a causa del rigonfiamento equatoriale, ovviamente), che il Tungurahua, che a quanto pare stava eruttando ma di cui abbiamo visto solo per pochi minuti una parte di uno dei fianchi; se ne sono andate le lagune, che nel parco nazionale Cajas ci aspettavano perché le visitassimo; se ne sono andati i mercati - o quasi, perché nulla fermerebbe delle signore decise ad ogni costo ad acquistare qualcosa fatto con lana di alpaca; e se ne sono andati molti degli uccelli che strapopolano ogni ambiente di questo piccolo paese sudamericano e che, per qualche ragione che a me rimane ignota ma alla quale mi sto abituando, i turisti britannici sembrano cercare con forte interesse e grande conoscenza.

Non se n'è andata, per fortuna, l'allegria, e percorrendo strade bagnate ma di un asfalto ben curato grazie al lavoro fatto dal governo del presidente Correa negli ultimi anni (se chiedi a chiunque cos'ha fatto di buono il presidente, la prima cosa che ti dicono è "le strade"; è ben vero che il lavoro è stato estensivamente massiccio, ma è anche vero che si partiva da una situazione in cui si mescolavano cemento e sabbia in quantità tali da ottenere cedimenti strutturali "programmati" nel giro di due anni, per poter avere altre commesse... vi ricorda qualcosa?) non c'è stato momento in cui il morale si sia abbassato, neppure quando, ad Ingapirca, unico sito Inca di una certa importanza, ci è toccata in sorte la peggior guida dell'universo conosciuto, o almeno uno che parlava inglese quanto mia nipote parla russo, e che anche in spagnolo dimostrava una certa, per così dire, incertezza... Soprannominato Pepe dai miei turisti, è stato la nemesi e l'incubo ricordato da lì in poi, e nel discorso finale fatto durante l'ultima cena sono stato ringraziato per essermi elevato sopra il suo livello (o, meglio: il gruppo, autodefinetosi "geriatrico", si è detto lieto di aver avuto un italiano a guidarli in giro per un nuvoloso Ecuador, piuttosto che essersi dovuti sorbire Pepe per 10 giorni... è un complimento, anche se non suona tanto bene :)).

Ambato, si diceva. Anche lì, pioggia furiosa, cominciata esattamente 20 minuti prima della sfilata lungo il viale principale, dopo che per ore avevo tenuto tenacemente la posizione insieme ad altre persone non intenzionate a pagare un salasso per degli sgabelli; ore durante le quali avevamo assistito all'altra sfilata, il continuo passaggio di persone che vendevano di tutto, dalle empananda al maiale con patate e mais bianco, dalle magliette alle sciarpe, dai pupazzi gonfiabili ai cerchietti per capelli illuminati, alle maledette bombolette di spuma con le quali tutti insozzavano tutti. Il mio kappa-way ed un sacco di plastica abbandonato mi hanno fornito un sufficiente riparo sotto l'acqua, e d'altronde nessuno aveva voglia di andarsene, dato che per primi non mollavano i ballerini a seguito dei carri, né le miss in costume succinto intente a salutare a mò di regina o papa (per la serie "me ne vò!"), e pareva brutto ed ingiusto lasciarli lì da soli ad adempiere il proprio dovere. E, così, tutti ad aspettare che passasse l'ultimo, applaudendo quel tanto che impermeabili ed ombrelli permettevano, per poi - allora sì - schizzare a cercare un riparo, evitando il più possibile i tiri dei cecchini armati di spuma.

Una bolgia che il giorno dopo, sotto l'acqua che continuava a cadere, già si era calmata, ridotta, tanto che quasi tutti gli hotel (il mio compreso) si erano svuotati. Io, per fortuna (o sfortuna, dipende dai gusti), avevo un bel pò da lavorare al computer, per i prossimi due tour, e quindi la scusa era buona per non uscire, e restarsene all'asciutto. Uniche puntate, programmate, sono state quelle per mangiare, ma giusto per sgranchire le gambe, ché quando sono in modalità "connessa" potrei andare avanti per ore senza sentire la fame... almeno fino a quando non svengo con la testa sulla tastiera per mancanza di zuccheri, s'intende.

Poi, la mattina del 14, mentre tutti gli altri erano intenti a celebrare il loro San Valentino, sono ripartito alla volta di Guayaquil, dove finalmente la pioggia non c'era... lasciando il posto all'umidità più umida di questo mondo!

Nota bene:

Per vedere una foto della reginetta del carnevale di quest'anno, potete sempre fare un salto sul sito di Zio Giramondo: http://ziogiramondo.blogspot.com/2013/02/carnevale-di-ambato-carnevale-bagnato.html

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inserito il 16/02/2013
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