Dai deserti alle montagne
Negli ultimi giorni sono stato abbastanza in giro, in Cile. Uso un eufemismo (abbastanza, non Cile!), perché in realtà questo tour mi ha fatto girare come una trottola, e senza neppure lasciarmi tanto tempo per aggiornare il mio bel Diario di Bordo (come avranno notato i fedeli lettori): tra una cosa e l’altra, quando arrivavo al momento in cui potevo ricavarmi venti minuti per scrivere qui, il mio corpo (ed il cervello, complice) diceva che era ora di schiantarsi a letto, ché poi al mattino ci si doveva svegliar presto. Mica facile, la vita del cowboy. E, checché ne pensino molti, neppure quella del tour leader (quella della hostess su voli charter intercontinentali, come a suo tempo Marta, invece sì; ma questa è un’altra storia).
Dopo la piccola immersione nel Cile contemporaneo a Santiago, siamo volati verso il deserto di Atacama, facendo di San Pedro la nostra base per tre giorni. Da lì, tutto il programma classico: Valle della Luna, Valle della Morte (che, a quanto pare, fu erroneamente nominata dal religioso che la "scoprì", e che voleva intitolarla a Marte), deserto salato e lagune altipianiche, e poi la terribile fantozziana escursione ai geyser del Tatio, che solo a sentir parlare dell’ora di partenza (le 4 del mattino!) ti viene male. Per fortuna a rincuorarci c’erano la nostra guida, Juan, e soprattutto il nostro autista, don Patrizio, detto il "pato volante", con i suoi 29 (ventinove!) cappelli che indossava sempre in perfetta combinazione con le sue splendide camicie; con loro ce la siamo ben spassata, e sicuramente siamo riusciti a vedere un buon numero di cose in più rispetto a quel che avevo visto io anni fa.
Le cose cambiano, ovviamente. Anche San Pedro. Nei prezzi, principalmente, perché le strade sono ancora strette, i muri sono ancora di adobe, e i servizi non sono cambiati molto, come non lo è il modo in cui ti trattano in certe agenzie (scortese è dir poco). Con qualche rara, benvenuta eccezione, ovviamente: il ristorante Estaka è stato per esempio un’ottima sorpresa, tanto che solo il fatto che era chiuso per turno ci ha impedito di tornarci alla terza sera (e siamo finiti all’Adobe, dove la sera prima siamo stati trattati da re ma alla seconda il servizio lentissimo ha fatto pena e la cassiera s’è pure arrabbiata perché non le lasciavamo tanta mancia); e anche il giovane della biblioteca pubblica, a cui va il mio plauso per essere l’unico che non ti ladra quando devi stampare 68 copie delle boarding pass dei clienti.
Qualcuno si è azzardato pure a fare stargazing, ovvero uscire nel deserto accompagnati da dei tipi forniti di telescopi, sapienza e cioccolata calda; pare non se ne siano pentiti (hanno visto pure la Stazione Spaziale Internazionale passare rapidamente sopra le loro teste), e neppure chi ce li ha portati (Max, prendi nota: ci puoi arrotondare lo stipendio, e tua moglie potrà finalmente fare quel viaggio in Sud America che sogna da anni... se poi servisse una guida...).
Ma cuocersi al caldo del deserto non era l’unico scopo con cui 16 britannici sono venuti da questa parte dell’Atlantico, e quindi siamo ripartiti per Puerto Varas, idilliaca località turistica sulle rive del lago Llanquihue, con un vago retrogusto teutonico-tirolese a causa dell’immigrazione del secolo scorso (quando i presidenti cileni dissero "crucchi, venite da noi, vi diamo una casa, un campo ed una vacca", e loro accorsero a frotten). I clienti in un hotel superbo, io in un ostello (camera singola, però) a poco distanza, che non è che sia proprio proprio la cosa più comoda della vita ma così vuole l’azienda ed io, muto, obbedisco.
E, anche qui, escursioni, con una fortuna pazzesco per il tempo: le cascate di Petrohue, il lago TodosLosSantos (che sì, pare un’imprecazione, invece fu scoperto il 1 novembre da aluni gesuiti particolarmente fantasiosi con i nomi) e il vulcano Osorno, tutti sotto un sole che migliore non si poteva, anche in considerazione delle piogge cadute nei giorni precedenti. La sera cena incredibile al ristorante Buenas Brasas, che era piaciutissimo anche il giorno prima e che era stato riprenotato a grande richiesta, con ovazioni da stadio (saran state mica le ostriche gratis o il pisco sour a contribuire all’effetto?!), e poi notte notte tutti pronti per un giorno intero a Chiloe.
Che è andata pure bene, con la nostra guida Britt che ci ha raccontato tutto quanto era possibile raccontare, e con i pinguini che si son fatti vedere in piena coerenza con il nome di questo tour (Penguin, per chi non lo sapesse), e con il curanto che è questa cena cucinata ammassando frutti di mare, carne, verdure e condimenti sottoterra, circondati e cucinati da pietre bollenti (una cosa simile al luao hawaiiano, o ad altre tradizioni polinesiane e maori, il che fa pensare ad un’origine comune - anche se pare che i polinesiani, arrivati in Cile, si fermarono solo per qualche spuntino e poi via, senza lasciare traccia del loro DNA nella popolazione locale... bah, magari usavano solo il preservativo).
E’ andata bene, dicevo, finché non è stata ora di partire, e ci siamo trovati con una gomma a terra, niente chiavi per rimuovere i bulloni e un cric che non avrebbe sollevato neppure mia sorella (scusa, sorella!); quattro persone si son messe al lavoro con tutti gli strumenti che trovavano, mentre la signora Maria Luisa non sapeva più cosa portar fuori dalla sua cucina per intrattenere i nostri ospiti, e alla fine - sollevando il bus con un palo ed un trattore (e non chiedetemi dove gli hanno infilato il palo!) - sono riusciti a cambiare la ruota. Alla fine, però; e infatti erano già le 22:30, a cui si sono poi aggiunti la strada del ritorno ed il mare grosso che ha fatto ritardare il traghetto... per farla breve, che se no viene il latte alle ginocchia, si è arrivati a destinazione alle 2 del mattino, con alcuni dei clienti che gli giravano per benino gli zebedei (e mi è andata bene che erano inglesi, e quindi dotati di un certo aplomb).
Ma il mattino dopo era già ora di ripartire (per fortuna, non troppo presto), per raggiungere la Patagonia e le torri del Paine...
Per chi volesse vedere la ISS (Stazione Spaziale Internazionale) mentre gli passa sopra la testa, e magari fotografarla pure, la NASA ha creato un servizio che ti avverte con una e-mail (o un sms, se sei negli USA) di dove, come e quando. Si chiama Spot the Station, e si trova all'indirizzo http://spotthestation.nasa.gov/index.cfm
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Commenti
Direi che l'idea è buona; il Cile brilla per le notti "brillanti" (nel senso di stelle); in realtà in sud america ci abbiamo già fatto un paio di viaggi, ma non si sa mai.
Annotazione curiosa invece: leggo di menù di pesce e carne/pesce; non che che ti è toccato mangiarne? Cadrebbe un tabù......
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Informazioni
inserito il 11/11/2012
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