La santa Caterina, paraponzi-ponzi-po'
Ultimi giorni egiziani... dopo un'altro paio di immersioni, nel posto più famoso della zona, quel Blue Hole dove sono morti vari sommozzatori troppo poco attenti alle misure di sicurezza, e nel vicino Canyon che secondo me è molto più interessante sia per la struttura morfologica sia per la fauna che vi si incontra, ho approfittato della festività del venerdì per studiare un pò il percorso che vorrei seguire in Giordania e per fare dello snorkeling davvero gusto in una sorta di ansa della costa chiamata semplicemente "Lagona", dove su un terreno sabbioso si innalzano alcuni pinnacoli rocciosi che sembrano giardini zoologici da quanti pesci vi si trovano. Di tanto in tanto mi incontravo anche con Simona, modenese che di lavoro normalmente fa il responsabile locale per vari tour operator in Europa e qui nel Sinai, ma che ora semplicemente tira il fiato tra una stagione e l'altra installata in un campeggio di Dahab: ci piace ciondolare per le strade, evitare le solite proposte di acquisto di magliette e ammenicoli vari, parlare dell'evoluzione della situazione politica egiziana (Mubarak se ne è andato a Sharm, lasciando il potere, ora è ufficiale) e gustarci la relativa calma dovuta alla quasi completa sparizione dei turisti non sedentari.
Il venerdì sera parto, su un furgoncino colmo di curiosi, alla volta del monastero di Santa Caterina, a quanto pare il più antico monastero cristiano del mondo, con i suoi 1400 anni di anzianità. Lo raggiungiamo dopo due ore di viaggio in una notte buia se non fosse per la mezza luna alta nel cielo, e incontriamo il disgraziato che ci viene assegnato dal parco come guida. Il motivo dell'ora inconsueta non è andare a rompere le palle ai monaci, ma incamminarsi lungo un sentiero usato dai cammelieri per salire sul Monte di Mosè, quello su cui il ben noto barbone biblico si inerpicò per parlare con il suo padrone di casa.
Racconta la leggenda che il padrone si palesò in forma di roveto ardente, e la cosa non mi stupisce affatto dopo le due ore e mezzo di cammino in salita sempre al chiaro di stelle (ho lasciato indietro l'inetta guida e la maggior parte dei compagni di scalata, che fanno troppo rumore uditivo e luminoso con le loro pilette che guizzano intorno all'impazzata): fa un freddo beduino, e certo un cespuglio in fiamme doveva essere sembrata la soluzione migliore per riscaldare un poveraccio arrivato fin là in cima. Io, previdente, mi sono portato una copertina dalla mia camera, e mi ci avvolgo dentro appoggiandomi contro il muro della piccola moschea che si trova sulla cima (a fianco di una piccola chiesetta) e guardando fisso ad est, contando le stelle cadenti; altri noleggiano materassini e coperte dall'ennesimo Mohammed, ad un costo che ci si potrebbero quasi pagare una camera in ostello.
Finalmente, il sole sorge, ma più che il disco rossastro è la luce che getta sulle vette delle montagne circostanti che rende degna la scarpinata (questo, ed il tepore che lentamente comincia a spargere). Stiamo lì a godercelo per un po', poi cominciamo a discendere: io prendo la strada degli scalini, circa 3000 a quanto pare posizionati da pellegrini nei tempi passati, e ringrazio di non averla dovuta fare in salita al buio durante la notte. Arrivo al monastero mezz'ora prima che apra, poi arriva il resto del gruppo, e assieme lo visitiamo. Ci va estremamente bene che i turisti siano spariti, in tutto saremo 25 contro le centinaia che di solito arrivano qui, e lo spazio dentro è veramente ristretto: si possono vedere la pianta erede del famoso roveto, il pozzo dove Mosè fece scaturire l'acqua dalla roccia e poi la chiesetta, dedicata alla Santa Caterina e circondata da mura molto alte per poterla preservare dagli attacchi dei predoni (che, a quanto pare, non ci sono mai stati, data l'importanza che il luogo ha per tutte e tre le religioni monoteistiche).
Torniamo stanchi e sacri a Dahab, un pisolino di qualche ora e poi fuori per strada a tentare gli ultimi commerci con i negozianti. Saluti a tutti, e poi a nanna non troppo tardi, dopo tutto negli ultimi due giorni ho dormito circa 5 ore.
Al mattino successivo, parto in bus per Nuweiba, ignorando i vaticini contrari che mi dicono non ce ne siano. Qui acquisto il biglietto per il traghetto lento che mi porterà ad Aqaba, in Giordania, e devo dire che il nome gli è davvero giusto: oltre a partire con 4 ore di ritardo, causa immagino le operazioni di carico di innumerevoli camion, ne impiega più di altrettante per arrivare a destinazione...
Il venerdì sera parto, su un furgoncino colmo di curiosi, alla volta del monastero di Santa Caterina, a quanto pare il più antico monastero cristiano del mondo, con i suoi 1400 anni di anzianità. Lo raggiungiamo dopo due ore di viaggio in una notte buia se non fosse per la mezza luna alta nel cielo, e incontriamo il disgraziato che ci viene assegnato dal parco come guida. Il motivo dell'ora inconsueta non è andare a rompere le palle ai monaci, ma incamminarsi lungo un sentiero usato dai cammelieri per salire sul Monte di Mosè, quello su cui il ben noto barbone biblico si inerpicò per parlare con il suo padrone di casa.
Racconta la leggenda che il padrone si palesò in forma di roveto ardente, e la cosa non mi stupisce affatto dopo le due ore e mezzo di cammino in salita sempre al chiaro di stelle (ho lasciato indietro l'inetta guida e la maggior parte dei compagni di scalata, che fanno troppo rumore uditivo e luminoso con le loro pilette che guizzano intorno all'impazzata): fa un freddo beduino, e certo un cespuglio in fiamme doveva essere sembrata la soluzione migliore per riscaldare un poveraccio arrivato fin là in cima. Io, previdente, mi sono portato una copertina dalla mia camera, e mi ci avvolgo dentro appoggiandomi contro il muro della piccola moschea che si trova sulla cima (a fianco di una piccola chiesetta) e guardando fisso ad est, contando le stelle cadenti; altri noleggiano materassini e coperte dall'ennesimo Mohammed, ad un costo che ci si potrebbero quasi pagare una camera in ostello.
Finalmente, il sole sorge, ma più che il disco rossastro è la luce che getta sulle vette delle montagne circostanti che rende degna la scarpinata (questo, ed il tepore che lentamente comincia a spargere). Stiamo lì a godercelo per un po', poi cominciamo a discendere: io prendo la strada degli scalini, circa 3000 a quanto pare posizionati da pellegrini nei tempi passati, e ringrazio di non averla dovuta fare in salita al buio durante la notte. Arrivo al monastero mezz'ora prima che apra, poi arriva il resto del gruppo, e assieme lo visitiamo. Ci va estremamente bene che i turisti siano spariti, in tutto saremo 25 contro le centinaia che di solito arrivano qui, e lo spazio dentro è veramente ristretto: si possono vedere la pianta erede del famoso roveto, il pozzo dove Mosè fece scaturire l'acqua dalla roccia e poi la chiesetta, dedicata alla Santa Caterina e circondata da mura molto alte per poterla preservare dagli attacchi dei predoni (che, a quanto pare, non ci sono mai stati, data l'importanza che il luogo ha per tutte e tre le religioni monoteistiche).
Torniamo stanchi e sacri a Dahab, un pisolino di qualche ora e poi fuori per strada a tentare gli ultimi commerci con i negozianti. Saluti a tutti, e poi a nanna non troppo tardi, dopo tutto negli ultimi due giorni ho dormito circa 5 ore.
Al mattino successivo, parto in bus per Nuweiba, ignorando i vaticini contrari che mi dicono non ce ne siano. Qui acquisto il biglietto per il traghetto lento che mi porterà ad Aqaba, in Giordania, e devo dire che il nome gli è davvero giusto: oltre a partire con 4 ore di ritardo, causa immagino le operazioni di carico di innumerevoli camion, ne impiega più di altrettante per arrivare a destinazione...
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Commenti
Il giorno 16/02/2011, Massielena ha scritto...
Il giorno 16/02/2011, Daniele ha scritto...
Il giorno 17/02/2011, Massielena ha scritto...
Il giorno 19/02/2011, Daniele ha scritto...
Cito da Wikipedia (che non e' fonte sicura al 100%, ma che forse puo' illuminare al riguardo):
"Ai piedi del Monte Sinai sorge il monastero di Santa Caterina, fatto erigere dall'imperatore Giustiniano nel 527, nel luogo in cui secondo la tradizione Dio si sarebbe manifestato a Mosè entro un roveto "ardente" che bruciava senza consumarsi e che la tradizione identifica in un rigoglioso rovo (Rubus spp) qui ancora coltivato. Il monastero occupa una posizione particolarmente suggestiva, ed è meta di pellegrinaggi e di visite turistiche, trovandosi a un paio di ore di strada (agevole) da una località balneare come Sharm El Sheikh e meno ancora da altre.
Sulla cima del monte si trova una cappella greco-ortodossa, costruita nel 1934 sulle rovine di una chiesa del XVI secolo, non aperta al pubblico. Secondo la tradizione la cappella racchiude la roccia da cui Dio fece le Tavole della Legge. Nei pressi si trova anche la Grotta di Mosè, dove si suppone che Mosè avesse aspettato di ricevere le tavole dei Dieci Comandamenti."
"Ai piedi del Monte Sinai sorge il monastero di Santa Caterina, fatto erigere dall'imperatore Giustiniano nel 527, nel luogo in cui secondo la tradizione Dio si sarebbe manifestato a Mosè entro un roveto "ardente" che bruciava senza consumarsi e che la tradizione identifica in un rigoglioso rovo (Rubus spp) qui ancora coltivato. Il monastero occupa una posizione particolarmente suggestiva, ed è meta di pellegrinaggi e di visite turistiche, trovandosi a un paio di ore di strada (agevole) da una località balneare come Sharm El Sheikh e meno ancora da altre.
Sulla cima del monte si trova una cappella greco-ortodossa, costruita nel 1934 sulle rovine di una chiesa del XVI secolo, non aperta al pubblico. Secondo la tradizione la cappella racchiude la roccia da cui Dio fece le Tavole della Legge. Nei pressi si trova anche la Grotta di Mosè, dove si suppone che Mosè avesse aspettato di ricevere le tavole dei Dieci Comandamenti."
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inserito il 15/02/2011
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