Le colonne di Osimandia
"Incontrai un viaggiatore di ritorno da una terra antica che disse: Due immense gambe di pietra, senza tronco, si ergono nel deserto... Vicino, sulla sabbia, per metà sepolto, un volto infranto giace, il cui cipiglio, e il labbro corrucciato, il ghigno del gelido comando, dicono che il suo scultore lesse accuratamente le passioni che ora, impresse su queste cose inerti, sopravvivono alla mano che le imitò e al cuore che le alimento', e sul piedistallo queste parole compaiono: Il mio nome è Osimandia, Re dei Re: guardate le mie opere, o voi Potenti, e disperatevi!"
Così scriveva Shelley, più di due secoli fa. Osimandia era il nome dato dai greci al grande Ramesse II, il faraone che più di ogni altro forse ha lasciato in termini di monumenti in questa terra sabbiosa, e specialmente nella sua parte meridionale.
Da che sono arrivato a Luxor, 4 giorni fa, non ho fatto altro che visitare siti archeologici o comunque connessi all'argomento. Quella che un tempo era conosciuta come Tebe offre infatti "anticaglie" per tutti i gusti: i fantastici templi di Luxor e di Karnak, le tombe della Valle dei Re e delle Regine, un museo estremamente ricco, il tempio della regina Hatshepsut e ancora colossi, colonne, ingressi monumentali, obelischi e sabbia, tanta sabbia. Siamo ai confini con il deserto, il Nilo fatica a mantenere verde questa fascia di terra specialmente dopo che molta acqua gli è stata portata via dalla grande diga di Assuan, e anche i computer dell'internet cafè in cui siedo ora contengono almeno mezzo chilo di sabbia ciascuno.
Il tempio di Luxor è in centro, la piazza che gli hanno costruito a fianco raduna la gente locale ed i turisti ogni sera per assistere a adulti e bambini che conmosse rituali si affrontano nella danza dei bastoni. Il suk è giusto a fianco, pieno di oggetti sberluccicanti e di venditori che saltano quasi addosso alle prede di passaggio, sperando di rifilargli qualcosa che, comunque vadano le trattative, il guadagno è assicurato.
E guadagna bene pure lo stato egiziano: gli ingressi se li fanno pagare, e anche se non molto (il museo di Luxor, forse il più costoso, costa circa 10 euri) alla fine della giornata tiri le somme e scopri che qualche centinaio di lire egiziane si sono magicamente trasformate in biglietti strappati dal controllore e ricordi e foto. Ho letto da qualche parte che l'industria turistica rappresenta una delle tre principali fonti di guadagno per questa nazione (un altra è il Canale di Suez), e ci credo. E l'indotto che crea è paragonabile a quello che c'è in Italia, fatte le relative proporzioni: la mia camera in hotel costa circa 3 euri a notte, la cena di stasera ne è costata 4 e mezzo, il mezzo chilo di dolci che ho preso per la mia colazione di domattina (colazione lunga, dato che sarò in treno per almeno 3 ore per raggiungere Assuan) "solo" 2 euri e mezzo. Dico "solo" perché in realtà qui spesso le cose costano ancora meno, dato il bassissimo costo della manodopera; il fatto è però che quasi tutti in un modo o nell'altro cercano di fregarti, facendoti pagare qualcosa in più perché sanno che non conosci i prezzi locali. Così, quelle poche volte che incontri qualcuno che non ti assilla con i souvenir o non ti fa pagare più del dovuto per una bottiglia di bibita gassata te lo tieni stretto, e ci passi del tempo assieme per conversarci. I due Mohammad (o Maometto, come si direbbe in Italia) che ho conosciuto, uno anziano venditore nel suk e l'altro giovane professore di francese che arrotonda gestendo un negozietto con la sorella, sono esempi di questo tipo. Il primo, in particolare, mi ha insegnato a giocare a Backgammon con le regole locali, mentre sorseggiavamo un te e parlavamo di quali siano le tattiche migliori per vendere nel mercato, con lui che sosteneva che paga di più non chiedere un prezzo eccessivo al cliente e soprattutto non stressarlo, perché così si otterrà facilmente una vendita di quantitativi maggiori di merce ed una fidelizzazione, nel caso in cui ovviamente il cliente non sia solo di passaggio. In treno, o con una delle grandi navi che solcano il Nilo e che sul tetto hanno il ponte scoperto con le piscine e la finta erba per i turisti danarosi. Autobus niente: pare sia ancora ufficialmente proibito ai turisti utilizzarli, probabilmente per il timore di altri attentati sanguinosi come quelli di alcuni anni fa.
Così, anche andare ad Edfu per vedere il tempio di Horus, il dio-falco, diventa un pò un'impresa: in stazione non sanno neppure dirti se il treno è già partito oppure no, quando arrivi devi schivare almeno 20 volontari tassisti e cmq scopri che il tipo che ti vende il bicchiere di succo di canna da zucchero ti ha fatto pagare una lira (il doppio!) in più dei locali... Ma il tempio merita il viaggio, le statue di granito e i colori rimasti su alcune delle colonne sono stupendi.
Così come stupende sono le enormi statue di Ramesse, dislocate in vari punti del tempio di Luxor, o quella di Tutankhamon e della moglie, tanto amata da meritarsi di stargli accanto alla stessa altezza. O gli interni delle tombe dei Re, dove si sta ancora scavando e passerelle di legno ti portano all'interno di cunicoli tanto sontuosamente decorati che ci vorrebbe una vita per osservarli attentamente tutti. O ancora il complesso funerario di Medinet Habu, magnificamente conservato, che raggiungo con la biciclettina scassatiella che ho preso a nolo per una giornata.
Ma il top, almeno per me, è rappresentato dalla sala ipostila (ovvero, strapiena di colonne) del tempio di Karnak: una foresta di colonne altissime, sormontate da dei capitelli a forma di bocciolo di papiro (a volte, dischiuso), e tutte decorate da bassorilievi che in parte ancora conservano i coloro originali, seppure sbiaditi. Mi ci aggiro più volte, Watermarks di Enya nelle orecchie per tagliare fuori la cacofonia di voci delle guide che continuano a spiegare, a ritmo incessante, com'era quando ancora c'era il tetto (come se loro l'avessero visto davvero); sembra di vagare davvero in un bosco di sequoie, dove la luce del sole che fuori cuocerebbe un uovo nella vostra mano arriva a sprazzi e si alterna a mille ombre, ed è facile aspettarsi che improvvisamente sbuchi fuori un dio qualsiasi, basta mettergli una testa di animale e sicuramente gli egizi ce l'avevano.
E il Nilo è lì, intanto, che serpeggia sonnolento con il suo carico di ricordi, e di promesse...
mi senso di Sconsigliare vivamente l'agenzia Bicycles For Hire, di Mohammed Setohe, per l'affitto delle biciclette: non valgono assolutamente il prezzo che si paga, e tentano di fregarti in ogni modo; si trova sulla sponda occidentale, poco in cima alla salita dopo il porticciolo
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inserito il 22/01/2011
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