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Ogni tessera al suo posto

immagineDa Dana con il passaggio datomi da Jay sono arrivato a Karak, cittadina assolata sui monti dove sorge un'importante castello, costruito prima dai crociati e poi rinforzato dai mammelucchi. A dire il vero, il castello sarà pure importante, però per chi ne ha già visti altri non è così strepitoso. Vale comunque il misero costo del biglietto, soprattutto per i bei corridoi sotterranei che farebbero la felicità di ogni giocatore di ruolo dal vivo...
Un pò di attesa, essendo venerdì e quindi con poca gente sulle strade (cosa della quale peraltro Jay era molto felice, dovendo arrivare fino a Jerash), e poi acchiappo al volo un altro passaggio da due tipi che mi portano fino a Mujib, dove su una strada polverosa faccio un cambio macchina e scendo nel "gran canyon di Giordania", come chiamano la vicina valle. Si scende bene, non c'è che dire, ed i tre ragazzi che mi portano con loro si fermano in vari punti panoramici, inclusa la diga che in fondo al precipizio trattiene le acque di un laghetto neppure tanto piccolo. Le discese ardite, poi le risalite... e siamo di nuovo sulla Kings Highway, fino a raggiungere Madaba, che è di strada per Amman.
Il centro visitatori, a parte fornire un pò di mappe e volantini, non è certo di aiuto nel trovare un alloggio economico; molto più utile è la cortese receptionist dell'hotel Mariam, che mi da un paio di indirizzi intuendo subito la mia spiantatezza... ops, parsimonia. Alla fine, però, opto per una soluzione di mezzo: la Pilgrim's House, che per 20 svanziche mi da stanza tranquilla con bagno in camera, colazione a buffet e internet a volontà.
Madaba è famosa per i mosaici: la certosina abilità dei maestri del passato ha accostato tesserine colorate per ricreare decorazioni favolose e persino una mappa della zona, dal delta del Nilo fino alla Siria; una mappa di cui rimangono intatte purtroppo solo alcune parti, e dico purtroppo perché si tratta di un documento del VI secolo, che è stato usato anche alcuni decenni fa per dirimere questioni territoriali (Taba nella mappa è chiaramente egiziana, e così Israele ha dovuto restituirla ai suoi vicini, a quanto pare). Dato che la mia permanenza all'interno della pia istituzione religiosa mi garantisce pure l'ingresso gratuito alla chiesa che contiene la mappa, me la prendo davvero comoda, andandola a vedere in più occasioni, fin dal primo giorno. Per cenare vado alla ricerca di ristorantini fuori mano, e ne trovo uno in cui mangio dei deliziosi shawarma (quelle cose che quasi tutto il mondo occidentale chiama invece "kebab") con contorno di verdure e patatine per soli due dinari.
Il sabato lo dedico a visitare tutti i luoghi artistici della città, dal museo dei mosaici al parco archeologico fino alla Chiesa degli Apostoli, e poi la città stessa, che un simpatico venticello mantiene frizzante come le bancherelle del mercatino che si trova solo una strada più in là di quella frequentata dalle torme di turisti che giungono per un mordi e fuggi. Nedal, uno di quei tipi che riempiono in maniera ornamentale di sabbia delle bottiglie di vetro, si accorge che non faccio parte dell'orda e mi invita nel suo negozietto per mostrarmi come compone le sue opere; poi, una parola tira l'altra, e decide di regalarmene una, che crea appositamente con una scritta in italiano... Ringrazio, porto il tutto in camera e poi mi metto in cammino per raggiungere, tra un bus ed un autostop, il monte Nebo.

Poi Mosè salì dalle steppe di Moab sul monte Nebo, cima del Pisga, che è di fronte a Gerico. Il Signore gli mostrò tutto il paese: Gàlaad fino a Dan, tutto Nèftali, il paese di Efraim e di Manàsse, tutto il paese di Giuda fino al Mar Mediterraneo e il Negheb, il distretto della valle di Gerico, città delle palme, fino a Zoar. Il Signore gli disse: «Questo è il paese per il quale io ho giurato ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe: Io lo darò alla tua discendenza. Te l'ho fatto vedere con i tuoi occhi, ma tu non vi entrerai!».
«Signore?»
«Dimmi, caro.» (il Signore sempre chiamava "caro" il buon Mosè: erano in intimità ormai dai tempi del roveto ardente)
«Signore, io non vedo niente...»
«Mosè, ormai hai centoventi anni, è ovvio che la vista ti faccia un pò difetto.»
«Signore, la mia vista funziona benissimo. È che c'è un pò di foschia, qui intorno...»
«Mmm, è vero... beh, ora non ho tempo di dissiparla, mi spiace: sarà per un altra volta!»
Mosè, servo del Signore, morì in quel luogo, nel paese di Moab, secondo l'ordine del Signore.

Pare che l'onnipotente da allora non abbia più trovato il tempo di sistemare le cose: anche quando arrivo io, dalla cima del monte Nebo non si vede molto lontano, e la mappa con le indicazioni per le direzioni in cui guardare non aiuta per nulla. Chissà se Woytila, quando una decina di anni fa è passato da queste parti, ha avuto più fortuna... Raccolgo un pò di terra consacrata, che farò apagare a peso d'oro ai miei amici credenti, e poi torno in città, alla ricerca di qualcosa di buono da mangiare. E il freddo della sera mi fa proprio un baffo: mi sistemo nel soggiorno della mia magione e mi gusto Matrix (il film, non il programma di Canale5) in lingua originale.

La depressione del Mar Morto è davvero impressionante. Decine di psicologi hanno provato ad aiutarlo, ma senza alcun successo. Anch'io, nel mio piccolo, provo a dirgli due paroline, ma lui rimane chiuso nella sua salinità, tanto famosa che persino un pesce nella mappa di Madaba gli volge le spalle (metaforicamente parlando, ovviamente: si sa che i pesci non hanno spalle). Raggiungo una spiaggetta di cui ho sentito parlare in vari forum su internet, caratterizzata da dei ruscelli di acqua calda che scendono lungo i fianchi della montagna e consentono di lavarsi di dosso il cloruro di sodio che ti si è appiccicato alla pelle. E ce n'è davvero bisogno: la quantità di sale presente nell'acqua non è solo disgustosa al gusto, ma rende impossibile ogni tentativo di immergersi... chi prova a tuffarsi semplicemente rimbalza fuori, e non c'e alcun rischio nel mettersi a leggere un libro mentre si fluttua sulle acque di questo bacino. Cristalli di sale prendono il posto delle alghe, sui sassi sott'acqua, e una polvere bianca resta sulla pelle quando questa si asciuga. Fluttuo, mi lavo, poi fluttuo di nuovo, poi mi lavo di nuovo, e così fanno anche i vari giordani che vengono qui: se non si segue questa procedura, il rischio è davvero di bloccarsi come una vecchia armatura arrugginita, non appena il sole fa il suo lavoro... Sarà l'ultimo mare che vedrò per un pò di tempo? Chissà... domani vado a Jerash, e poi punterò al confine siriano, per vedere l'effetto che fa!


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inserito il 27/02/2011
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