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Alla bocca del pozzo dei maghi dell'acqua

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Il viaggio si sta avvicinando alla sua fine naturale, ormai, ma rimane ancora un luogo che non possiamo perdere: Chichen Itzà, una delle più importanti città-stato dei Maya (prima) e dei Tolmechi (poi). I Maya, a differenza di altri popoli quali gli Aztechi o gli Inca, non avevano un governo centrale, ma si spargevano sul territorio in grandi città, attorno alle quali sorgeva poi una fertile vita ed attività (un pò come i castelli medioevali, con i contadini e gli artigiani intorno e i nobili accentrati con le caste sacerdotali ed i governanti). Non si sa ancora bene - anche per colpa di un maledetto religioso conquistador che si prese la briga di distruggere tutta la documentazione raccolta che non era riuscito a decifrare - se le città erano sempre in armonia tra loro o se invece nascevano conflitti; ma certo l'immagine del maya "pacifico" in contrapposizione con quella dell'azteco "guerrafondaio" non è sicuramente esatta. Qualcosa di più si sa invece sul perché varie città venivano abbandonate: semplicemente, la popolazione cresceva talmente tanto che ad un certo punto l'intera struttura non era più sostenibile, le risorse non bastavano e così, a cominciare dalle caste alte, lentamente tutti se ne andavano, lasciando quello che avevano edificato.
Qualcosa di simile pare sia successo anche a Chichen Itzà, che significa "alla bocca del pozzo degli Itza", popolazione il cui nome pare significare "maghi dell'acqua" (ed ecco il motivo dello strambo titolo di questo racconto). Quello che resta, ora, inserito qualche anno fa nella cosiddetta lista delle "7 meraviglie del mondo moderno" è un insieme di edifici, la maggior parte purtroppo solo parzialmente originali, al cui centro si erge l'enorme piramide-tempio di Quetzalcoatl (il serpente piumato, ai Maya noto come Kukulkan), intorno alla quale in occasione degli equinozi si raccolgono folle immense per osservare i giochi d'ombra che vi si formano.
Fa caldo, ma non eccessivamente, perché con sagacia siamo arrivati abbastanza presto (2 ore di viaggio da Tulum), riuscendo così ad evitare anche gli sciami di turisti riversati dai bus che arrivano in tarda mattinata. David, la nostra guida locale, ci porta in giro per un paio d'ore, descrivendoci le strutture principali, facendoci apprezzare le finezze costruttive e le differenze fra gli stili delle due popolazioni che hanno vissuto in questo luogo. Il campo da gioco per la pelota, in particolare, è impressionante, non tanto per le dimensioni, quanto per l'abilità con cui è stato realizzato: trattandosi di una versione cerimoniale, e quindi non usata per giocare realmente, grande attenzione è stata posta nelle prestazioni acustiche, perché meglio fosse sentita la voce di chi vi teneva discorsi e cerimonie, tanto che l'eco dei suoni prodotti nel suo centro esatto si riverbera almeno 7 volte all'interno di tutta la struttura. Interessante anche l'osservatorio astronomico, con quella forma cilindrica sovrastata da una sorta di cupola che ormai sono la cifra di tali costruzioni.
L'erba è riarsa dal sole, e così le teste di chi si aggira tra i vari tempi e colonnati. Vagando un po', trovo quella che sembra essere una zona dimenticata, un pò nascosta dietro l'ennesimo tempio, e siamo in pochi ad esservi giunti; persino di venditori, che in altre parti del sito abbondano, ce n'è solo qualcuno.
Ripartiamo, e sulla via del ritorno ci fermiamo a visitare un cenote, di cui la zona pare pullulare. Si chiama Car Wash, ma il bagno lo facciamo noi, nelle acque sufficientemente limpide da vedere i pesci che nuotano tra le alghe, e i sub che riemergono dal labirinto di caverne che sono andati ad esplorare. Poi, raggiungiamo il resto del gruppo a Tulum, in spiaggia, e dopo cena vi torniamo per festeggiare ben due compleanni, con il dolce tipico del 6 gennaio e quel che resta del Mezcal che avevamo comprato ad Oaxaca.
Il giorno dopo, playa fino al primo pomeriggio, anche se Giuseppe mi tenta con un'escursione al sito di Cobà (alla fine ci vanno lui e Victor in bus, io rimango giù perché ho un pò di lavoro da fare per i prossimi giorni). Arriviamo all'aeroporto di Cancun, dove salutiamo i nostri accompagnanti, e saliamo su due (in realtà tre, per un problema di overbooking) voli che ci riportano alla capitale, dove - sorpresa! - ci attendono delle tipe con un pullmino gentilmente organizzato da MexicaTour per raggiungere l'hotel... ah, che bello scoprire le cose così, per caso...
Qualcuno va a letto subito, con gli altri torniamo a piazza Garibaldi dove tutto era cominciato e ceniamo mentre i soliti milioni di mariachi suonano per chiunque li contratti (e anche solo per allenarsi).
Il sabato è giorno di partenze: sveglia alle 7, accompagno la prima coppia in metro fino all'aeroporto, poi torno indietro e con gli altri vado a vedere i murales nel Palazzo del Governo, poi un pò di shopping e anche la famiglia veronese parte verso l'Europa. Restiamo in tre, e andiamo un pò a zonzo per la città, fino ad arrivare al parco di Chapultepec e visitare l'ex residenza presidenziale, che ora ospita un museo molto interessante sulla storia del Messico, oltre alle stanze che furono anche di un imperatore. Uscendo, troviamo un sacco di polizia e soldati in assetto di guerra, e scopriamo così che di lì a poco il Presidente inaugurerà una torre dedicata ai 200 anni dell'indipendenza... aspettiamo seduti alla base della colonna dell'angelo, guardando il fiume di macchine che scorre lungo i viali, mentre ragazzine vestite come delle torte festeggiano i loro 15 anni girando su limousine finte affittate per l'occasione; dopo un bel pò di tempo, finalmente, la torre si illumina, partono i fuochi d'artificio e noi, leggermente delusi, ci alziamo e ce ne andiamo.
Ceniamo in centro, al Huequito (ottima carne di angus, ma i prezzi non sono in linea con il tenore di vita locale), e poi rientriamo in hotel dove - sorpresa! - ci dicono che se non paghiamo la camera possiamo pure accomodarci in strada per dormire: l'agenzia ha prenotato solo la prima notte... caccio di tasca mia i 600 pesos necessari, benedicendo chi di dovere, e andiamo finalmente a dormire (scoprirò poi che una serie di incomprensioni ha causato il disguido... per fortuna avevo contante, va!).
La domenica, accompagno in aeroporto gli ultimi due viaggiatori, e poi torno in hotel a lavorare al rapporto del tour fino a che non viene ora di andare a casa di Socorro, che mi ospiterà per qualche altro giorno.


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inserito il 08/01/2012
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