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Miss Honduras e gli uomini della filibusta

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Miss Honduras è morta. Sparata. Pare sia stato l'amante della sorella, che in un attacco di gelosia ha prima ucciso questa e poi miss Honduras, incolpevole testimone dell'accaduto. Pare che la famiglia di lui sia di quelle potenti, in Honduras, o quanto meno nella zona di Santa Barbara; qualcuno parla di narcotrafficanti, la polizia indaga.

La cosa sarebbe già incredibile di suo. Ma ancora più incredibile è che io l'altro giorno mi trovavo proprio a Santa Barbara, e non mi sono accorto di nulla, non ho sentito alcuna voce al riguardo. Anzi, Santa Barbara mi è sembrato un posto estremamente assonnato nel suo caldo pomeriggio domenicale, un posto che si risveglia solo al mattino dopo, con le urla di tutti i venditori che in fretta hanno montato i loro banchetti e commerciano in scarpe, amache, cianfrusaglie di plastica.

Io c'ero arrivato spinto da notizie che la indicavano come il centro dell'artigianato dell'Honduras; e invece no, tutto l'artigianato si produce in villaggi nei dintorni, ma a Santa Barbara niente, e neppure vi ho trovato negozi che ne rivendano. Vabbè, visita a vuoto.

Avevo attraversato la frontiera con il Guatemala vicino a Entre Rios, dove avevo conosciuto il signor Luis mentre giove pluvio rovesciava secchiate d'acqua sul confine. Luis di lavoro fa le pulizie negli uffici della dogana, ma non lo pagano; in cambio, però, lo autorizzano a piazzarsi fuori ad un tavolino, e guadagna mance riempiendo i moduli di immigrazione. "L'analfabetismo è così marcato?", gli chiedo io, e lui mi risponde che "no, non si tratta di analfabetismo, ma di semplice poca attenzione nel leggere i moduli" - i quali, a dirla tutta, sono scritti in caratteri minuscoli, per quanto con parole chiare. Così lui si mette via qualche Quetzal ad ogni persona che chiede il suo aiuto, e quelli non rischiano di rimanere bloccati alla frontiera per sempre.

Parlo anche d'altro con il signor Luis, mi racconta l'origine di alcune parole locali, di alcuni nomi di località, poi mi chiede di Colombo, se era di Genova, e se ce lo ricordiamo ancora. "Come no!", gli dico, "Su Rete4 continuano a mandare in onda le vecchie puntate!". Luis non capisce. Peccato, non sa cosa si perde.

Smesso di piovere (quasi), ho preso un bus per Omoa, ridente cittadina sulla costa caribica, dalle spiagge deliziose... Ecco, questa era la pubblicità di qualche tempo fa. Ora, invece, la costruzione di alcuni frangiflutti da parte di una locale raffineria ha cambiato il flusso delle correnti, che si sono portate via tutta la sabbia; e gli ultimi 25 giorni di pioggia hanno lasciato tutto allagato, tanto che devo darmi all'equilibrismo per riuscire a non inzupparmi completamente. Trovo un alloggio buono (per quanto la tipa che lo gestisce sia la più sgarbata che ho incontrato negli ultimi mesi; ma non c'è molta alternativa, se non voglio spendere almeno il doppio), visito la fortezza di San Fernando, eretta nell'insolita forma triangolare dagli spagnoli per difendere la costa dai continui attacchi di pirati e corsari, e poi mi do alla preparazione del prossimo tour, che tanto di altre cose da fare non ce n'è proprio.

Tanto che, la mattina dopo, prendo un bus per Puerto Cortez, poi un altro per San Pedro Sula, e infine un ultimo per Los Naranjos, insediamento poco distante dal lago Yojoa, il più grande del paese. Qui, in un posto che è pure una birreria (si chiama proprio D&DBrewery), prendo una stanza per un paio di giorni, con la speranza che le zanzare non mi succhino tutto il sangue prima di ripartire.

Il posto di suo è carino, anche se ci sono troppi "gringo" (e mi va pure bene: fino a qualche giorno prima ce n'erano 35, che si sono scolati tutta la riserva di birra del luogo, tant'è che ora erano costretti ad offrire whisky per l'happy hour). Li lascio ai loro canottaggi e alle loro conversazioni ad alto volume intorno al fuoco e sparisco per un'intera giornata, prima a visitare il pessimo sito archeologico locale (che dovrebbe essere il terzo più importante del paese, ma che è davvero penoso per carenza di manutenzione e per le pochissime cose che si possono vedere) e poi fino alle grotte di Taulabé, che invece sono molto belle e ben illuminate con lampade colorate che non rovinano l'atmosfera e non scaldano troppo l'aria... fino a quel momento, il miglior sito turistico visto in questo viaggio, quanto meno in Honduras.

Dopo il breve passaggio a Santa Barbara, sono infine giunto a Tegucigalpa, una delle capitali con il nome più buffo. Ospite di Luis (una costante, pare, questo nome), novello couchsurfer, voglio approfittarne per vedere un poco il centro storico, ma vengo messo in guardia contro il grande pericolo di rapine che si corre aggirandosi per la città, quindi compromesso: tengo nascosto il mio cellulare per quasi tutto il tempo e uso gli occhi invece di scattare fotografie. In realtà, c'è poco da fotografare: è una città sporca, con un bel pò di gente povera che chiede l'elemosina anche nella centralissima strada pedonale; uno dei musei che mi interessava visitare lo trovo chiuso "da cinque anni" (come mi dice l'omino armato di fucile a pompa che sta all'ingresso), a causa del fatto che l'hanno costruito su una faglia geologica che lo sta letteralmente aprendo in due; le chiese, compresa la cattedrale, non sembrano niente di speciale, specie se comparate con quelle di altre capitali centroamericane.

L'unica eccezione, e però una gran bella eccezione, è il MIN, o Museo para la Identidad Nacional de Honduras: un'ottima espozione (in spagnolo, ma con audioguida in inglese disponibile) sulla storia geografica, geologica, religiosa, archeologica, architettonica, economica, politica ecc. ecc. del paese, più la chicca di un filmato tridimensionale realizzato da giapponesi su Copan. Entro alle 10:30, faccio il tour guidato (compreso nel biglietto di 3 euro), vedo il filmato e poi mi piazzo a leggere ogni singolo pannello (vabbé, lo ammetto, ho saltato quelli sui presidenti dell'ultimo secolo), accrescendo smisuratamente la mia conoscenza su quella che un tempo veniva definita la "banana Republic". Esco all'una e mezza, e mi dedico ad un hamburger con patatine fritte per alimentare il corpo oltre che la mente. Poi cazzeggio un pò per il centro, sempre cercando di non dare troppo nell'occhio, visito l'ex palazzo presidenziale, e mi siedo davanti alla cattedrale a guardare la gente che passa. Alle 17 raggiungo Luis all'università dove studia, andiamo a mangiare in un ristorante tipico ché è pure giusto che gli offra almeno una cena, e poi si torna a casa, lui a studiare per il corso di fisica ed io a finire le carte per il tour, ché domani si torna in Nicaragua!

Nota bene:

Il pur buon sito web del Museo para la Identidad Nacional de Honduras, http://www.min.hn/, non gli rende giustizia...

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inserito il 25/11/2014
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