Sei qui: i miei viaggi » Al lavoro in America Latina » Brasile » Tomara que caia, ed altre amenità

Tomara que caia, ed altre amenità

immagine

E agora, você fala Português?

Due settimane di corso di portoghese non sono molte, lo so, ma sono il massimo che sono riuscito a spremere dal mio tempo durante l'intervallo tra due tour. E, rispetto a prima, devo dire che parlando e scrivendo mi sento molto più sicuro, ora... sicuro dei miei errori, quanto meno, nel senso che mi rendo conto subito se li faccio (sapete, quella sensazione che, mentre state dicendo qualcosa, un campanello suona nella vostra testa fecendovi dubitare della coniugazione che state usando, o che la parola che avete appena detto al vostro interlocutore potrebbe essere considerato come un insulto degno di un'esecuzione pubblica a colpi di capoeira). Ovvero, mentre prima usavo tranquillamente, e qui tranquillamente significa anche "incoscientemente", il portuñol, ovvero l'allegra mescola di spagnolo e portoghese che ogni turista ignorante (della lingua locale) utilizza per campare da queste parti, adesso mi risulta più difficile, cercando io ogni volta di esprimermi con parole e parlata locali. Ché, poi, giusto per rendere le cose ancor più ardue, qui non si parla portoghese, ma brasiliano, e la differenza c'è; e brasiliano bahiano, che è leggermente differente da quello di altre regioni del paese, con la sua cadenza ed i suoi accenti e alcune parole misteriose che derivano dal forte influsso degli idiomi africani in questa che è stata la zona con la maggior concentrazione di schiavi portati al di qua dell'Atlantico (cosa peraltro evidente nei colori della pelle, ché qui i bianchi se arrivano al 20% è tanto). Ho quindi la certezza di aver seguito un corso di brasiliano, anche se non è detto che sia un male: visto il rapporto di numeri, e anche quello economico, non mi stupirei affatto se non troppo in là nel futuro fosse il Brasile a dettare legge anche sulla lingua, relegando la madre patria Portogallo al ruolo di semplice comparsa.


Capitães de areja

Antonia, mia (ormai ex-) compagna di corso, è stata attivissima durante la sua permanenza qui: ha partecipato a tutti i programmi "culturali" offerti dalla scuola, inclusa la classe di cucina e la visita ad Itaparica; si è perduta in Pelourinho una notte al seguito di un maestro di capoeira (lei giura che è stata una visita culturale, e noi perché ci stava simpatica le abbiamo creduto), un omone grande e grosso e nero che si è presentato dicendo "Eu mestre Macaco" (un nome che l'ha reso celebre nelle nostre facezie da lì in poi); ha preso al volo l'opportunità di assistere ad una cerimonia di Candomblé, la religione ancestrale che è sopravvissuta alle proibizioni degli schiavisti grazie all'astuzia dei praticanti, che l'hanno ammantata di un'aura cristiana; e, ovviamente, ha esplorato i vari shopping center, che nella parte centrale di Salvador, lontana dalla costa, abbondano come funghi dopo una giornata piovosa. Durante una di queste visite, ha pure trovato il tempo di comprarmi un regalino, un libro di Jorge Amado che si intitola, appunto, Capitães de areja ("capitani di sabbia"). Narra di una banda di ragazzini che vivono di furti ed assalti nella Salvador bene, trovando poi rifugio nelle case abbandonate sulle lunghe spiagge della città. L'ho cominciato ieri, inaugurandolo appunto su una spiaggia, quella dell'isola di Itaparica, dove mi sono concesso una giornata di relax con solo pochissima esplorazione della città (coloniale) principale e, poi, "pociamento" nelle basse e calde acque che sembrano essere la cifra del posto (la sera, invece, è stata dedicata alla prima visione de Lo Hobbit, ma di questo parlerò nel blog). Tornando al libro: per quanto ho potuto leggerne fino ad ora, scorre bene, con delle immagini molto poetiche che contrastano con la situazione di estremo disagio (ma, pare essere la tesi di Amado, magari loro non la vivono così) in cui si trovano a vivere quei ragazzini abbandonati; e scorre bene anche nella mia testa, nel senso che mi devo fermare a riflettere solo su poche parole, anche se temo che per quelle avrò bisogno di un buon dizionario, e in tutta onestà non penso proprio di procurarmelo ora per non accrescere il peso dello zaino... chissà, magari ne trovo uno buono scaricabile.


A música que nunca pára

Girare per Salvador vuol dire immergersi nella musica, oltre che nelle sue acque: ovunque si vada, c'è qualcuno che sta suonando, e per fortuna non si tratta sempre di quegli imbecilli che viaggiano con delle casse degne di un concerto di Bruce Springsteen nel retro della loro macchina, casse da cui escono suoni spesso disarticolati a volumi talmente alti che renderebbero sordo un sordo. No, c'è un profondo amore per la musica qui, e se è ritmata è ancora meglio, ché non si può mica cancellare la propria tradizione da un momento all'altro. Ecco quindi le bande di tamburi di Pelourinho, con la più famosa che è quella scuola Olodum che già Paul Simon e Michael Jackson impiegarono per delle loro produzioni, che uniscono alle percussioni delle belle coreografie mentre si spostano sulle strade dall'acciottolato sconnesso (utile, secondo una teoria che abbiamo sviluppato a scuola, ad imparare i primi movimenti di vari balli, samba incluso, ché non riesci proprio a stare ritto impassibile in piedi mentre cammini e le tue anche ed i tuoi fianchi devono per forza dislocarsi rispetto a spalle e caviglie). Ed i monotoni suoni prodotti dai birimbao, mentre accompagnano le cantilene che, a loro volta, fanno da sfondo agli incontri ed alle esibizioni di capoeira. E il samba, che risuona di più nei locali dei quartieri Barra e Rio Vermelho, dove la gente (e non sono solo turisti) va per ballare quanto più possibile freneticamente, in modo da sudare fuori gli effetti alcoolici delle troppe caipirinha che bevono. E ancora la chitarra bahiana, il forrò che si danza in allegria nelle piazze, e l'axe (pronuncia: ascé) che pare vada forte durante il carnevale. Carnevale che, del resto, è per definizione il momento in cui "si fa rumore", dietro ai carri detti Trio Electrico che percorrono le strade della città seguiti dalle moltitudini, novelli evangelisti. Ché quello di Salvador è uno dei tre più famosi del Brasile, insieme a quelli di Rio de Janeiro e Recife, e pare valga davvero la pena essere sperimentato... alé, finisce in lista anche questo, prima o poi...


Não há perigo, tem não. Mas você tem que ter cuidado...

Una delle prime frasi dette dalla nostra insegnante della seconda settimana di corso è stata: "Voi stranieri siete pieni di fobie, quando arrivate qui avete paura di tutto"... per poi raccontare che sì, una volta all'anno le rubano il cellulare, ma dopo tutto cos'è un cellulare?! La realtà è che, dal momento in cui metti piede in città, tutti ti dicono di usare cautela, di non aggirarti da solo sulla spiaggia o di notte per le strade, di lasciare a casa (meglio se proprio a casa, in Italia) la macchina fotografica, il cellulare, i soldi, le scarpe buone ecc. ecc.. Chiaro che uno poi mi esce un pò paranoico, e viaggia solo in taxi di notte, arricchendo a dismisura le tasche degli autisti (che siano loro ad aver messo in giro la voce?). Con un pò di precauzioni, però, si possono ridurre i rischi al minimo, e se poi va storta vuol dire che la colpa era dei Maya (che, quest'anno, sono colpevoli di tutto, mannaggia al loro calendario): camminare in mezzo alla strada (di notte, intendo) permette di avere un pò più di visuale e di non essere aggrediti da qualcuno che si nasconde dietro l'angolo (occhio agli autobus, però, che di notte corrono come pazzi e sotto i quali è meglio non finire); non girare stracarichi di roba, perché anche se non vale niente attira comunque l'attenzione; adottare il "pezzent-look" (ed io qui sono bravissimo), ché i pantaloni non firmati non interessano a nessuno; fidarsi della gente, ma non fidarsi troppo, ché non sareste i primi ad affidare lo zainetto ad una signora per bene sulla spiaggia, solo per scoprire che lei lo consegna al primo che si avvicina dicendo "il mio amico, là in acqua, mi ha detto di spostargli lo zaino vicino al mio asciugamano"... soprattutto, non farsi prendere dalla paranoia, ché se no addio vacanza e benvenuta all'ulcera. Tutto questo, e ancor di più, quando si gira in zone affollate, come per esempio Pelourinho al martedì sera, che nemmeno i locali si fidano a tirar fuori il cellulare per scattare una foto (e questo dovrebbe dire più di mille mie parole).


Tomara que caia

I brasiliani sono un popolo di ottimisti. Solo loro avrebbero potuto chiamare quei costumi o vestitini femminili senza spalline "tomara que caia", ovvero "speriamo che cada"... e sulle spiagge giovinetti di ogni età pronunciano la formula magica, al veder passare qualche bella figliola, sperando di poter godere di una visione sorprendente. Anche se, c'è da dire, non è che le spiagge pullulino di tutta questa bellezza che noi italiani sognamo sbavando grazie alle trasmissioni televisive del nostro "caro leader"; anzi: il canone di bellezza bahiano è per un sedere abbondante, possibilmente strabordante, ed il resto del corpo passa in secondo piano. La cosa buona è che son pochi a prendersi troppo sul serio, qui, e quindi ognuno si sente in diritto di esporre il proprio corpo in costume sulla spiaggia (e, a volte, anche sugli autobus), senza sentirsi in imbarazzo per qualche chiletto (o quintale, dipendendo dalla persona) di troppo. La spiaggia è un luogo di incontro, di divertimento, di assillo (provate a restare sdraiati per 10 minuti, e vedrete quante persone passeranno ad offrirvi acqua di cocco / spiedino di carne / gelato / gelatinho / sedia a sdraio / ombrellone / aquilone / zucchero filato / massaggio / crema protettrice / bigiotteria, e poi mi direte se non ho ragione), anche di ginnastica (la sera, però, quando fa più fresco, che se no i muscoli si sciolgono troppo), e non c'è regola o dressing code che impedisca a qualcuno di usufruirne. Per fortuna.


Lascia un tuo commento

Campi
Bottoni

Informazioni

inserito il 18/12/2012
visualizzato: 2152 volte
commentato: 0 volte
totale racconti: 562
totale visualizzazioni: 1373776

Cerca nel diario

Cerca tra i racconti di viaggio pubblicati nel diario di bordo:

Ultime destinazioni

Racconti più recenti

Racconti più letti

Racconti più commentati

Ultimi commenti

Tag del diario di bordo

Aguas Calientes Ajanta Amalfi Amazzonia Ambato Andahuaylillas Angra dos Reis Arequipa Assisi Asunción Aurangabad Baia Mare Balau Lac Bassin Bleu Bassin Zim Bellagio Bishkek Bocas del Toro Bogotà Bologna Bonito Boquete Buenos Aires Buzios Bwindi Cajamarca California Camaguey Campeche Campulung Cancun Cannes canyon del Colca Cap-Haïtien Cartagena Cayo Las Brujas Cernobbio Chaa Creek Chapada Diamantina Chiapa de Corzo Chiavari Chichen Itzà Chichicastenango Chiloe Chivay Cienfuegos Città del Guatemala Città del Messico Cluj Napoca Copacabana Copán Copán Ruinas Costa Azzurra Costiera Amalfitana Cuenca Curitiba Cusco Dubai Dukla Dunhuang Dushanbe El Calafate El Chaltén El Tajin Ellora Entebbe ExPlus Fan Mountains fiume Pacuare fiume Tambopata Florianopolis Foz do Iguaçu GCC Gilroy Goa Granada Grand Circle Guayaquil Hampi Huamachuco Humenne Igoumenitsa Iguaçu Iguazu Ilha Grande India Ingapirca Interlaken Isla Colon Isla del Sol Isla Mujeres Istanbul Jacmel Jaiyuguan JLA Joya de Ceren Kampala Kashgar Khodjent Kibale Koch Kor Kokand Kumkoy La Antigua Guatemala La Havana La Paz lago di Como lago Maggiore lago Nicaragua lago Song-Kol lago Titicaca lago Yojoa lake Mburo Leon Lima Livingston Livorno Londra Lublin Lucca Macerata Machu Picchu Madaba Madrid Madurai Majorda Managua Manaus Mar Nero Margilon Mérida Mesilla Milano Momostenango Monaco Monte Alban Mumbai Murchison Falls Mutianyu Mysore Nashik Road Nice Nyjrbator Oaxaca Old Goa Ometepe Omoa Osh Otavalo Pacaya Palenque Panajachel Panamà Papantla Paratì Patagonia Pechino Pelourinho Península Valdés Petra Pisac Port Au Prince Portoferraio Potosì Poza Rica Pucon Puebla Puerto Madryn Puerto Maldonado Puerto Natales Puerto Piramides Puerto Varas Puno Punta Arenas Quetzaltenango Quito Rang Raqchi Ravello Recanati Reedley Rio de Janeiro Rio Dulce Riobamba Roma Ruse salar Salvador da Bahia Samarcanda San Agustin San Blas San Cristobal de las Casas San Francisco San Francisco El Alto San Ignacio San José San Juan San Marcos La Laguna San Pedro San Pedro de Atacama San Pedro La Laguna Santa Barbara Santa Caterina Santa Clara Santa Elena de Monteverde Santa Margherita Ligure Santiago Santiago Atitlan Santiaguito Sarospatak Sary Tash Seno Otway Sequoia National Park Shobak Sighisoara Sillustani Siloli Sololà Sorrento Stresa Sucre Sud America Sumidero Tambo Machay Targu Mures Tash Rabat Taulabé Tegucigalpa Tiahuanaco Tierra del Fuego Tikal torre di Burana Torres del Paine Transfagarasan Trinidad Trujillo Tucan Travel Turpan Urbino Urumqi USA Ushuaia Uxmal Uyuni Vaduz Vagabondo Valdivia Valle de Elqui Valle di Fergana Valparaiso Veliko Tarnovo Venezia Viejo Palmar Vila do Abraão Viña del Mar Viñales Vize Wild Frontiers Xian Yambol Zamosc Ziwa Rhino Sanctuary