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Jimmy, cosa non si farebbe per un Guàcharo...
Dopo la parentesi montagnosa, l'ennesimo bus notturno mi ha portato a Ciudad Bolivar, capitale dell'omonimo Stato (ma lo sapevate che il Venezuela è una unione di stati, proprio proprio come gli USA di Giorgino?), dove ho calato gli zaini nella pensione gestita da uno svizzero per conto di un suo amico tedesco giusto dietro la cattedrale; il prezzo non era dei più economici, ma il tipo mi sembrava (e si è confermato) molto onesto ed ospitale, il che giustifica a volte qualche euro in più. Purtroppo, nello stesso luogo è arrivata anche Sonia, la tipa keniota (anche Federico lo svizzero dopo 24 ore mi ha confessato di non poterne più!), ma siamo riusciti ad ignorarci abbastanza bene.
Ora, la gente va a Ciudad Bolivar principalmente per una ragione: trovare una escursione economica (ma anche no) a Canaima, per andare a vedere la cascata più alta del mondo, il santo Angel (che non c'entra niente col Papa; tale Jimmy Angel fracassò il suo aeroplanino in cima al Tepuy da cui sgorga l'acqua della cascata, e ne uscì illeso per raccontarlo e rendersi così famoso). Perché la città in sè stessa, sede della declarazione di Indipendenza e del primo Congresso di questa Nazione, luogo di riposo e lavoro per Bolivar e dove il Comandante Supremo fece fucilare uno dei suoi più fedeli luogotenenti per tradimento (i dubbi restano... come i miei sulla figura di Bolivar, che continua a non piacermi molto...), con una criminalità che galoppa tanto bene che tutto chiude e tace prima delle 20:00 e sembra di essere in un cimitero dove l'unico che percorre le strade è il vento, con un fiume Orinoco che ogni tanto fa il gradasso e s'allarga allagando un pochettino, e con pochi turisti e molte birre, non ti spinge a fermarti molto più di 24 ore.
Per andare a vedere una cascata, però, si necessità acqua: per la cascata medesima, e per il fiume sul quale dovresti arrivare in lancia dopo un piccolo volo di qualche decina di minuti.
La stagione delle piogge non essendo ancora iniziata, tutto si basa sulla fortuna. Io, di fortuna, ne ho avuta pochina, e un tipo ritornato da Canaima il pomeriggio mi ha detto che il fiume si stava abbassando tanto che i pesci cominciavano a camminare... Ergo, ho deciso di risparmiare 250 dollari (beh, non tutti i mali vengono per nuocere), e di salutare Fred e ripartire verso Cumanà sulla costa.
Arrivato al mattino presto, scopro che il primo bus per Caripe parte al mezzodì, ergo ne approfitto per andare all'aeroporto e prenotare l'ennesimo volo per l'Europa (credo di averne tre nei computer, ora, che solo aspettano di essere pagati); mi imbarco poi sul bussettino, e causa grandi piogge et alluvioni arriviamo alla Grotta del Guàcharo solo poco prima delle 16, quando le visite terminano.
Il Guàcharo è un uccello di una 40ina di centimetri, apertura alare che raggiunge il metro, e che vive perfettamente adattato dentro a grotte durante il giorno per uscirne solo all'imbrunire a cercare i frutti di cui si nutre; utilizza l'emissione di suoni ad alta frequenza (simili ad un cozzare di noci) per ecolocalizzare i suoi compagni e, soprattutto, le stalattiti di cui le grotte sono ricche (quando non ecolocalizza bene, si sente un rumore come di noce che si schianta...). Scoperto da Humboldt un fracasso di anni fa, reso celebre da molte spedizioni scientifiche (sponsorizzata soprattutto da venditori di noci), ora si è convertito in una attrattiva turistica; questa grotta vicino a Caripe è la più famosa, avendo la colonia conosciuta più grande (si parla di 14000 esemplari).
Mi fermo alla grotta, chiacchierando col custode, fino alle 18:45 circa, quando assistiamo assieme allo spettacolo rumorosissimo dell'uscita in volo di circa un terzo della colonia (un altro terzo resta dentro ad accudire i piccoli). È un misto di sbattere d'ali, grida di pappagalli impazziti (che stanno passando di lì per caso) e, appunto, noci che cozzano. Al termine, trovo un passaggio per raggiungere Caripe, dove mi piazzo in un alberghetto e vado a cenare da Stefano, bresciano transfuga da 10 anni in questo Paese e che fa delle paste eccezionali. È lui che, tra altri dettagli, mi dice che anche qui è giunta la criminalità, e gentilmente mi fa riaccompagnare all'albergo dalla Robers, la sua guardia del corpo esperta di arzi marziali.
Al mattino, riparto per la grotta, e la visito accompagnato dalla guida (obbligatoria) Luis. Il quale mi fa visitare il salone chiassosissimo dei Guàcharo, quello successivo chiamato "del silenzio" da Humboldt (e come dargli torto, essendo assenti gli uccellacci?!) e gli altri 1500 metri di grotta visitabili, pieni zeppi di formazioni stalattitiche e stalagmitiche. Vediamo un pò della fauna che vive dei resti del cibo dei volatili, nonché dei loro escrementi (topi, e persino due granchi), mentre Luis mi racconta che di notte persino ocelot si avventurano nella grotta a caccia di facili prede...
Abbandonare la grotta è più difficile di quel che pensi: aspetto per due ore e mezza un mezzo per raggiungere il villaggio di Santa Maria, ma passano tutti pieni. Allora, scendo fino a Caripe, da lì riparto per Santa Maria, e là solo dopo un'ora trovo un altro tipo disposto a condividere il costo di un viaggio fino alla costa. Mi lasciano nella località Muelle, dove devo aspettare altri 90 minuti mentre la notte si fa notte e la paura si fa, appunto, 90 prima che passi l'unico taxi condiviso che mi riporta a Cumanà... credetemi, il Venezuela è in questo momento l'ultimo dei Paesi in cui vorrei trovarmi a passare la notte all'aperto...
Cumanà è tranquilla, la polizia in giro ti fa sentire abbastanza sicuro, e anche se quasi tutto il visitabile è chiuso riesco comunque a vedere uno dei fortini, una chiesa ed il museo dedicato a Josè Antonio Sucre, gran liberatore del SudAmerica e luogotenente di Bolivar, nato proprio qui nel XIX secolo. Incontro una tedesca, Daniela (!), già vista a Caripe, ed assieme decidiamo di attraversare domani la baia per andare a vedere le saline di Araya... ¡hasta pronto!
Ora, la gente va a Ciudad Bolivar principalmente per una ragione: trovare una escursione economica (ma anche no) a Canaima, per andare a vedere la cascata più alta del mondo, il santo Angel (che non c'entra niente col Papa; tale Jimmy Angel fracassò il suo aeroplanino in cima al Tepuy da cui sgorga l'acqua della cascata, e ne uscì illeso per raccontarlo e rendersi così famoso). Perché la città in sè stessa, sede della declarazione di Indipendenza e del primo Congresso di questa Nazione, luogo di riposo e lavoro per Bolivar e dove il Comandante Supremo fece fucilare uno dei suoi più fedeli luogotenenti per tradimento (i dubbi restano... come i miei sulla figura di Bolivar, che continua a non piacermi molto...), con una criminalità che galoppa tanto bene che tutto chiude e tace prima delle 20:00 e sembra di essere in un cimitero dove l'unico che percorre le strade è il vento, con un fiume Orinoco che ogni tanto fa il gradasso e s'allarga allagando un pochettino, e con pochi turisti e molte birre, non ti spinge a fermarti molto più di 24 ore.
Per andare a vedere una cascata, però, si necessità acqua: per la cascata medesima, e per il fiume sul quale dovresti arrivare in lancia dopo un piccolo volo di qualche decina di minuti.
La stagione delle piogge non essendo ancora iniziata, tutto si basa sulla fortuna. Io, di fortuna, ne ho avuta pochina, e un tipo ritornato da Canaima il pomeriggio mi ha detto che il fiume si stava abbassando tanto che i pesci cominciavano a camminare... Ergo, ho deciso di risparmiare 250 dollari (beh, non tutti i mali vengono per nuocere), e di salutare Fred e ripartire verso Cumanà sulla costa.
Arrivato al mattino presto, scopro che il primo bus per Caripe parte al mezzodì, ergo ne approfitto per andare all'aeroporto e prenotare l'ennesimo volo per l'Europa (credo di averne tre nei computer, ora, che solo aspettano di essere pagati); mi imbarco poi sul bussettino, e causa grandi piogge et alluvioni arriviamo alla Grotta del Guàcharo solo poco prima delle 16, quando le visite terminano.
Il Guàcharo è un uccello di una 40ina di centimetri, apertura alare che raggiunge il metro, e che vive perfettamente adattato dentro a grotte durante il giorno per uscirne solo all'imbrunire a cercare i frutti di cui si nutre; utilizza l'emissione di suoni ad alta frequenza (simili ad un cozzare di noci) per ecolocalizzare i suoi compagni e, soprattutto, le stalattiti di cui le grotte sono ricche (quando non ecolocalizza bene, si sente un rumore come di noce che si schianta...). Scoperto da Humboldt un fracasso di anni fa, reso celebre da molte spedizioni scientifiche (sponsorizzata soprattutto da venditori di noci), ora si è convertito in una attrattiva turistica; questa grotta vicino a Caripe è la più famosa, avendo la colonia conosciuta più grande (si parla di 14000 esemplari).
Mi fermo alla grotta, chiacchierando col custode, fino alle 18:45 circa, quando assistiamo assieme allo spettacolo rumorosissimo dell'uscita in volo di circa un terzo della colonia (un altro terzo resta dentro ad accudire i piccoli). È un misto di sbattere d'ali, grida di pappagalli impazziti (che stanno passando di lì per caso) e, appunto, noci che cozzano. Al termine, trovo un passaggio per raggiungere Caripe, dove mi piazzo in un alberghetto e vado a cenare da Stefano, bresciano transfuga da 10 anni in questo Paese e che fa delle paste eccezionali. È lui che, tra altri dettagli, mi dice che anche qui è giunta la criminalità, e gentilmente mi fa riaccompagnare all'albergo dalla Robers, la sua guardia del corpo esperta di arzi marziali.
Al mattino, riparto per la grotta, e la visito accompagnato dalla guida (obbligatoria) Luis. Il quale mi fa visitare il salone chiassosissimo dei Guàcharo, quello successivo chiamato "del silenzio" da Humboldt (e come dargli torto, essendo assenti gli uccellacci?!) e gli altri 1500 metri di grotta visitabili, pieni zeppi di formazioni stalattitiche e stalagmitiche. Vediamo un pò della fauna che vive dei resti del cibo dei volatili, nonché dei loro escrementi (topi, e persino due granchi), mentre Luis mi racconta che di notte persino ocelot si avventurano nella grotta a caccia di facili prede...
Abbandonare la grotta è più difficile di quel che pensi: aspetto per due ore e mezza un mezzo per raggiungere il villaggio di Santa Maria, ma passano tutti pieni. Allora, scendo fino a Caripe, da lì riparto per Santa Maria, e là solo dopo un'ora trovo un altro tipo disposto a condividere il costo di un viaggio fino alla costa. Mi lasciano nella località Muelle, dove devo aspettare altri 90 minuti mentre la notte si fa notte e la paura si fa, appunto, 90 prima che passi l'unico taxi condiviso che mi riporta a Cumanà... credetemi, il Venezuela è in questo momento l'ultimo dei Paesi in cui vorrei trovarmi a passare la notte all'aperto...
Cumanà è tranquilla, la polizia in giro ti fa sentire abbastanza sicuro, e anche se quasi tutto il visitabile è chiuso riesco comunque a vedere uno dei fortini, una chiesa ed il museo dedicato a Josè Antonio Sucre, gran liberatore del SudAmerica e luogotenente di Bolivar, nato proprio qui nel XIX secolo. Incontro una tedesca, Daniela (!), già vista a Caripe, ed assieme decidiamo di attraversare domani la baia per andare a vedere le saline di Araya... ¡hasta pronto!
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Il giorno 16/05/2006, Lidia ha scritto...
Il giorno 17/05/2006, Daniele ha scritto...
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inserito il 13/05/2006
visualizzato: 2802 volte
commentato: 3 volte
totale racconti: 562
totale visualizzazioni: 1441827
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