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Zig zag zig zag zig
Lasciata Baños, sono arrivato a Riobamba, città che dice di essere la principessa delle Ande ma a me onestamente non dice poi molto: ho trovato degni di nota solo la facciata della cattedrale, ricostruita con le pietre salvate alla distruzione della città (a causa di che? Mah, non ricordo... credo un terremoto, o forse l'ennesimo vulcano...), il parco Sucre che si trova di fronte al Colegio Maldonado (il parco Maldonado si trova di fronte alla cattedrale... perché questo mischiare le carte in tavola? Mah, altro dubbio che resterà appeso al chiodo nella parete!), e alcuni piatti tipici, come la 'fritadà (niente uova: si tratta di carne di maiale fritta, accompagnata con gustose polpette di patate e un pò di verdure).
Perché venirci, dunque? Mah (hei, è già il terzo in poche righe...), essenzialmente per due motivi: tentare di visitare il Chimborazo, la montagna più alta dell'Ecuador, e farsi una corsa sul treno.
In ordine di tempo, causa nuvole che perennemente assediavano la cima, partiamo dalla seconda attività: il treno.
L'Ecuador era dotato di un buon sistema ferroviario ma, come in praticamente tutti i Paesi di questo continente, i vari governi hanno preferito lasciar fare all'impresa trasportatora privata infischiandosene del bene pubblico. Risultato: solo 3 brevi tratti sono tutt'ora in funzione, e pure sporadicamente. Da Riobamba parte, ogni mercoledì venerdì e domenica, un treno che, arrancando per un centinaio di chilometri, arriva alla cosiddetta "Nariz del diablo", scende per un tratto a zig-zag (ovvero, essendo molto ripido, il treno arriva ad un punto in cui il binario prosegue ma in senso inverso, ergo il macchinista ingrana la retro e scende un altro po', così per un paio di volte); i viaggiatori possono scegliere se viaggiare comodamente seduti all'interno, o scomodamente sul tetto (ovviamente, tutti vanno per la seconda, rendendo la cosa abbastanza affollata). La velocità (se così si può chiamare) del convoglio non rende pericolosa la cosa, e la vista delle vallate e degli strapiombi è davvero memorabile. In mezzo ai passeggeri, passano di continuo venditori ambulanti e noleggiatori di cuscini (le terga ringraziano, i portafogli no... io ero partito premunito dall'hotel, con una coperta gentilmente prestata da ignari proprietari), mentre lungo la linea ferrata bambini e no attendono che i turisti si dedichino allo sport del "lancio del leccalecca"... mah! (e sono 4).
Capitolo Chimborazo, ora: due tipi sul treno mi han detto che il giorno prima c'erano stati, ed avevano avvistato un bus... questo mi basta: al ritorno mi metto in caccia di informazioni, e scopro che è possibile prendere un bus al mattino alle 7:30 e farsi lasciare quasi all'entrata del Parco... È fatta: il mattino dopo, zaino in spalla, mi inerpico sulle pendici della montagna, che finalmente riesco a vedere senza nubi. Sono solo, a parte alcuni pastori, e fa un freddo cane, ed il vento che incontro più in cima spinge a 800000 chilometri all'ora una pioggerellina gelata fatta di aghi di ghiaccio; piante con foglie taglienti come rasoi aggrediscono le mie gambe, ed io non riesco ad individuare nessuno dei due rifugi che so esistere.. però proseguo, finché non supero le nuvole e vedo davanti a me solo il nevaio della cima. Non ho l'attrezzatura per ascendere, e neppure il tempo, ergo consumo i miei viveri spaparanzato al sole e poi ridiscendo. Una signora con infante mi fa compagnia aspettando il bus, e un tipo gentile ci da un passaggio fino in centro...
Ieri son tornato a Guayaquil, ospite di nuovo di Alegria e don Antonio; ora, la priorità è trovare il modo di non spendere una fortuna per arrivare e visitare le isole Galapagos... incrociate le dita (le vostre, per favore!).
Perché venirci, dunque? Mah (hei, è già il terzo in poche righe...), essenzialmente per due motivi: tentare di visitare il Chimborazo, la montagna più alta dell'Ecuador, e farsi una corsa sul treno.
In ordine di tempo, causa nuvole che perennemente assediavano la cima, partiamo dalla seconda attività: il treno.
L'Ecuador era dotato di un buon sistema ferroviario ma, come in praticamente tutti i Paesi di questo continente, i vari governi hanno preferito lasciar fare all'impresa trasportatora privata infischiandosene del bene pubblico. Risultato: solo 3 brevi tratti sono tutt'ora in funzione, e pure sporadicamente. Da Riobamba parte, ogni mercoledì venerdì e domenica, un treno che, arrancando per un centinaio di chilometri, arriva alla cosiddetta "Nariz del diablo", scende per un tratto a zig-zag (ovvero, essendo molto ripido, il treno arriva ad un punto in cui il binario prosegue ma in senso inverso, ergo il macchinista ingrana la retro e scende un altro po', così per un paio di volte); i viaggiatori possono scegliere se viaggiare comodamente seduti all'interno, o scomodamente sul tetto (ovviamente, tutti vanno per la seconda, rendendo la cosa abbastanza affollata). La velocità (se così si può chiamare) del convoglio non rende pericolosa la cosa, e la vista delle vallate e degli strapiombi è davvero memorabile. In mezzo ai passeggeri, passano di continuo venditori ambulanti e noleggiatori di cuscini (le terga ringraziano, i portafogli no... io ero partito premunito dall'hotel, con una coperta gentilmente prestata da ignari proprietari), mentre lungo la linea ferrata bambini e no attendono che i turisti si dedichino allo sport del "lancio del leccalecca"... mah! (e sono 4).
Capitolo Chimborazo, ora: due tipi sul treno mi han detto che il giorno prima c'erano stati, ed avevano avvistato un bus... questo mi basta: al ritorno mi metto in caccia di informazioni, e scopro che è possibile prendere un bus al mattino alle 7:30 e farsi lasciare quasi all'entrata del Parco... È fatta: il mattino dopo, zaino in spalla, mi inerpico sulle pendici della montagna, che finalmente riesco a vedere senza nubi. Sono solo, a parte alcuni pastori, e fa un freddo cane, ed il vento che incontro più in cima spinge a 800000 chilometri all'ora una pioggerellina gelata fatta di aghi di ghiaccio; piante con foglie taglienti come rasoi aggrediscono le mie gambe, ed io non riesco ad individuare nessuno dei due rifugi che so esistere.. però proseguo, finché non supero le nuvole e vedo davanti a me solo il nevaio della cima. Non ho l'attrezzatura per ascendere, e neppure il tempo, ergo consumo i miei viveri spaparanzato al sole e poi ridiscendo. Una signora con infante mi fa compagnia aspettando il bus, e un tipo gentile ci da un passaggio fino in centro...
Ieri son tornato a Guayaquil, ospite di nuovo di Alegria e don Antonio; ora, la priorità è trovare il modo di non spendere una fortuna per arrivare e visitare le isole Galapagos... incrociate le dita (le vostre, per favore!).
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inserito il 17/09/2005
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