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Patagonia, fredda terra australe

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Non riesco davvero a credere che gli indigeni patagonici potessero aggirarsi ignudi, solo ricoperti di un delicato strato di grasso estorto con le cattive maniere a leoni di mare ed altri simpatici mammiferi acquatici, per queste lande desolate: durante l’attraversamento da ovest ad est, passando dal Cile all’Argentina e fermandosi in tutte quelle località che i turisti vogliono assolutamente visitare quando arrivano fin quaggiù, ho trovato temperature che andavano dal discretamente basso all’"opporcamiseria-maquantofreddofa?!"... ok, lo ammetto, il mio sangue italiano non è dotato come quello dei locali (o dei miei viaggiatori britannici) di antigelo, e quindi magari un pochino pochino esagero, però se questa è l’estate non vorrei davvero trovarmi ad Ushuaia durante l’inverno...

Ushuaia, dicevo. Ebbene sì, sono di nuovo in fondo alla penisola sudamericana; guardo la baia di fronte a me, dal salone sopraelevato di un hotel piccino picciò che JLA è riuscita a scovare praticamente in centro, e vedo poche luci di imbarcazioni, e tanti lampioni la sodio giallastro che illuminano le strade, quasi tutte rigorosamente a senso unico (ma qui possono permetterselo, ché di abitanti non ne hanno tantissimi). Oggi una giornata tra il parzialmente coperto e il soleggiato ha fatto da sfondo all’escursione nel parco Tierra del Fuego (quello in cui mi ero sbucciato le mani l’altra volta, sì!), tutto il contrario di quella che ci è toccata ieri, mentre con il catamarano scivolavamo lungo il canale Beagle per vedere leoni di mare, gabbiani, cormorani e stuoli di pinguini, che finalmente sono riuscito ad osservare bene mentre, velocissimi, inseguono i pesci sott’acqua.

Ma non solo Ushuaia: abbiamo girato per giorni, cominciando dal parco Torres del Paine, dove abbiamo avuto un’esperienza "catartica" in una stanza-dormitorio a 6 letti a castello nel Rifugio Torres... con uno dei miei viaggiatori la cui giacca (e forse altri vestiti) andrebbe bruciata in un altoforno per eliminarne l’acre odore, e con la maggior parte dei presenti (donne comprese) che russava, chi più chi meno, potete credermi se vi dico che molti aspettavano con gli occhi spalancati a mo’ di fanali antinebbia l’alba per aver la scusa di uscire (e una temperatura umana per farlo)... e usavamo pure i tappi per le orecchie, di quelli da lavori pesanti! Per fortuna, le giornate sono state splendide, e lungo i vari sentieri che abbiamo percorso abbiamo incontrato praticamente tutti gli animali presenti nel parco, tranne il timido cervide huemule e il temibile puma, che in realtà nessuno di noi voleva davvero incontrare vis-à-vis, per ovvii motivi che lascio a voi facilmente comprendere.

E, poi, El Calafate, in terra argentina, che ormai a causa delle svalutazione e delle quantomeno economicamente discutibili scelte della presidentessa sta diventando più cara dell’oro, con le empanadas che le compri a carato più che a chilo. Lì, ad attenderci e giganteggiare, c’era il ghiacciaio Perito Moreno, che continua a spingere sulla costa del lago Argentino rompendosi, ogni tanto, per la gioia di tutti i turisti che fanno il tifo pronti a gridare "oooooooh" quando una bella fettona di ghiaccio si stacca e cade nell’acqua; noi abbiamo passato un paio d’ore ad osservare, dalle passerelle piazzate proprio di fronte alla propaggine più avanzata del ghiacciaio, un vero fiume gelato, questo spettacolo, e siamo stati premiati con delle gran belle cadute, che in qualche modo siamo riusciti ad immortalare anche su supporti più o meno digitali.

E infine El Chaltén, paradiso del trekking, dove per l’ennesima volta ho dovuto separare il gruppo per poter permettere ai due che volevano camminare molto di andare con la guida fino ai piedi del Fitz Roy e del ghiacciaio del Cerro Torre, mentre io accompagnavo il terzo componente della spedizione (la quarta componente del gruppo ci aveva lasciato un paio di giorni prima, per raggiungere Buenos Aires da dove partiva con un secondo tour) lungo percorsi brevi, facili, senza troppe salite e, soprattutto, "con qualcosa da vedere alla fine, perché se no, sai, non ha davvero senso camminare"... mah!


Commenti

Il giorno 13/03/2013, Massielena ha scritto...
Se gli indigeni patagonici andavano in giro ignudi e ricoperti solo di un leggero strato di grasso, evidentemente il clima di allora era più caldo; questo conferma che la nostra cara Terra nel tempo ha sempre avuto oscillazioni nella sua temperatura, confermate tra l'altro da tantissime ricerche a riguardo.
Certo che mi sarebbe piaciuto vederti ignudo e ricoperto dal grasso.......potresti provare e mandarci una foto. ;-)
Il giorno 13/03/2013, Andrea ha scritto...
...meglio ancora se anche la foto è ricoperta dal grasso
Il giorno 15/03/2013, Daniele ha scritto...
Purtroppo è troppo tardi, l'avrei fatto volentierissimo (come ben potete immaginare)... sarà per un'altra volta, se non mi dimentico :)

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inserito il 13/03/2013
visualizzato: 2708 volte
commentato: 3 volte
totale racconti: 562
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