Hama, non Hama... Hama
Prima di riprendere il viaggio verso nord, ho deciso di fare l'ultimo tentativo per entrare nella moschea Ommayade di Damasco: fino ad ora, i precedenti erano stati frustrati dalla richiesta di pagare un biglietto d'ingresso (quando tutti gli altri visitatori, musulmani forse ma comunque turisti, entravano gratis) e dal prematuro scaricamento delle batterie della mia macchina fotografica: sono tornato nel vecchio centro e mi sono appostato assieme alle moltitudini dinanzi al gran portone, assieme ad una coppia di francesi che da mesi stanno camminando lungo i paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Alle 10 aprono l'ingresso e noi sgattaioliamo dent... ops, presi! Dobbiamo andare alla cassa, come tutti gli altri "pellebianca", e pagare il fio della nostra religione. Il cortile enorme della moschea, che pare tirato a specchio da quanto è lucido, con le arcate e le lampade e la grande fonte centrale per le abluzioni è sicuramente uno dei più incredibili spazi religiosi che io abbia mai visto; purtroppo, le comitive di turisti, nelle loro palandrane scure o nei loro ancora più vistosi mantelli grigi (dati all'ingresso alle donne che non hanno la palandrana), gli fa perdere un pò del suo fascino, ma tant'è, non c'è nulla da fare. La ressa la trovo anche in un'altra moschea più piccola, quella dove è sepolta la figlia del nipote di Maometto (se ho capito bene l'albero genealogico), alle cui spoglie tutti vanno a rendere omaggio e a chiedere qualche favoretto (una raccomandazioncina non si rifiuta mai, no?!); qui sono le volte a farla da padrone, con delle decorazioni rese ancora più affascinanti dagli enormi lampadari di cristallo.
Finita quest'orgia di religione, torno a casa di Daniel, finisco di fare i bagagli e poi ringrazio, passo del materiale al nuovo couchsurfer tedesco che prenderà il mio posto e poi raggiungo la stazione dei bus e prendo un biglietto per Hama. I pullman qui sono di buona qualità, quelli contraddistinti dalla magica parolina VIP pare siano ancora migliori, con l'omino che passa a darti da bere e qualcosa da sgranocchiare e i sedili reclinabili e tanto tanto spazio per le gambine... peccato che a me tocchi uno di quelli normali, ma è comunque meglio di molto che mi è capitato di sperimentare in giro, e le due ore di viaggio mi costano poco più di due euri quindi non mi lamento.
Arrivo peròin città che ormai è buio, e una bizzosa pioggerellina mi fa capire che la primavera è in arrivo ed il tempo sta cambiando. Con l'aiuto di un cortese poliziotto trovo la via per il centro, che è distante solo un paio di chilometri, e raggiungo uno degli hotel che avevo preventivamente individuato, il Cairo; le strade sono affollate come non mai, una banda attira i curiosi per l'inaugurazione di una gelateria, persone entrano ed escono dalle numerose pasticcerie che sembrano essere una delle attività principali da queste parti, donne ninja e donne a capo scoperto fanno gli ultimi acquisti della serata. Mangio al volo al ristorante "Ali Babà", noto ai più per produrre i migliori shawarma sandwich della regione (non sono male, lo ammetto, ma non li trovo particolarmente eccezionali), poi individuo grazie al sapiente aiuto di un negoziante di prodotti elettronici un internet cafe, che da queste parti pare si nascondano nei seminterrati dei palazzi... Chissà se la cosa è in qualche modo legata con l'aria che si respira dalla tremenda repressione (qualcuno la definisce "massacro", e forse il fatto che tra i qualcuno ci sia Amnesty International dovrebbe far pensare) che ci fu qui negli anni '80 (non sto a tediarvi con i particolari: basti dire che l'allora presidente Hassad, padre dell'attuale, non gradì essere dovuto scampare ad un attentato e pensò bene di farla finita con i fondamentalisti islamici che avevano come base proprio Hama; il resto lo trovate su Wikipedia)?!
Il giorno seguente il tempo è nuvoloso, durante la notte ha piovuto per benino, ma io ho deciso di provare a visitare le rovine di Afamia senza dipendere da uno dei costosi tour organizzati dall'hotel (che peraltro mi ha sistemato in una cucina trasformata in camera con la semplice aggiunta di un letto) e quindi, infilato nello zainetto anche l'ombrellino pieghevole - che vedi mai potrebbe pure servire, stavolta -, raggiungo la piccola stazioncina dei minibus, dove trovo due fratelli spagnoli che hanno fatto la stessa pensata e che, scopro parlandoci, stanno proprio nella stanza a fianco alla mia! Raggiungiamo la cittadina con un solo cambio, poi ci incamminiamo per la salitina che ci porta dove i romani avevano costruito l'ennesima città di cui resta praticamente solo il decumano, con colonne e capitelle e un selciato tuttora in buone condizioni, e qualche altra rovina ai margini. Il tempo non ha invogliato i turisti, siamo quasi soli eccezion fatta per alcuni tipi che si aggirano in motocicletta tra le rovine proponendo monete antiche e cartoline più o meno moderne, ed alcuni ragazzini che ad occhio e croce hanno bruciato scuola; schiviamo i rapidi acquazzoni riparandoci sotto quel che resta in piedi dei fregi, saliamo e scendiamo colline alla ricerca di un teatro che alla fine scopriamo non essere proprio "in forma" e seminascosto da greggi di pecore, facciamo amicizia con un cucciolo di cane da pastore che forse anche lui oggi non ha proprio tutta 'sta voglia di lavorare... Le nubi rendono particolarmente interessanti i giochi di luce ed ombra sulle pietre, e noi ci attardiamo a goderceli e a fotografarli; ma quando è l'una ci apprestiamo al ritorno, anche se veniamo praticamente trascinati da dei bambini a visitare la cittadella in cui abitano, e di cui ci fanno visitare i vicoli ed alcune case prima di chiederci l'immancabile regalino (moneta o penna che sia), che noi siamo concordi nel rifiutare (l'ho scritto in passato, e lo ripeto: dare "mance" ai bambini significa rovinarli, abituandoli ad elemosinare dai turisti; meglio, molto meglio, giocarci un pò assieme, ché il gioco - se non d'azzardo - non ha mai rovinato nessuno).
Ritorniamo ad Hama, e mentre los hermanos puntano all'hotel per cercare di risolvere un problema con il loro biglietto aereo per l'Oman io decido che è ancora presto e, con mossa sagace quanto azzardata, raggiungo un'altra stazione dei minibus e da questa vado ad Al Hamra, nei cui pressi ci sono alcuni villaggi con delle case costruite in fango e a forma di alveare: un sistema efficace per consentire il condizionamento dell'aria secoli prima che arrivasse DeLonghi con i suoi pinguini. Un pò di persone mi danno micropassaggi in auto, e arrivo in un posto in cui il sole sta colorando di rosso intenso questi enormi cumuli conici. Stormi di bambini mi assaltano, mi sa che non sono il primo turista che passa di qui ma oggi sono proprio l'unico; di nuovo mi fanno da guida, vogliono giocare, scambiare qualche parola, e poi i più spudorati di loro chiedono l'ennesima mancia. Io giro tra le case, scatto foto a profusione, poi aiuto dei contadini a spingere un trattore che ha la batteria scarica e ritorno verso Hamra che comincia a tramontare il sole, accorgendomi solo ora che ho passato altri insediamenti con le stesse, identiche costruzioni.
Ad Hama ho giusto il tempo di sciacquarmi la faccia nel bagno dell'hotel, poi raggiungo l'unico membro locale di CouchSurfing che sia stato in grado di contattare. Abdul gestisce, con la famiglia e gli 8 fratelli, un laboratorio dove si confezionano a mano, su vecchi telai di legno, asciugamani ed altri tessuti con motivi decorativi tradizionali, e me lo fa fieramente visitare, dopodiche passiamo ore a parlare con lui ed un suo amico (e, occasionalmente, con qualcuno della banda degli otto) di così tanti argomenti che stenso a ricordarli tutti: dalla politica interna alla musica, dall'Islam ai suoi effetti sulle ragazze, dalle località interessanti da visitare in Siria alle colline toscane... Hamburger, rigorosamente di carne bovina, e alcuni dolcetti da una delle pasticcerie dei dintorni ci danno l'energia per continuare fino a mezzanotte, quando saluto i miei nuovi amici e torno in hotel per un sonno riposante, dopo tutto il camminare di oggi. Ma è solo una pausa, perché al mattino visito finalmente Hama, cercando di vedere tutte e diciassette le sue Noria, enormi ruote di legno che innalzavano l'acqua fino ad un sistema di acquedotti che poi servivano tutta la città. Non ce la faccio, ma ne incontro comunque una buona metà, e poi di corsa in albergo a raccattare le mie cose per raggiungere Tartus, sulla costa, dove spero mi aspetti un tempo migliore.
Finita quest'orgia di religione, torno a casa di Daniel, finisco di fare i bagagli e poi ringrazio, passo del materiale al nuovo couchsurfer tedesco che prenderà il mio posto e poi raggiungo la stazione dei bus e prendo un biglietto per Hama. I pullman qui sono di buona qualità, quelli contraddistinti dalla magica parolina VIP pare siano ancora migliori, con l'omino che passa a darti da bere e qualcosa da sgranocchiare e i sedili reclinabili e tanto tanto spazio per le gambine... peccato che a me tocchi uno di quelli normali, ma è comunque meglio di molto che mi è capitato di sperimentare in giro, e le due ore di viaggio mi costano poco più di due euri quindi non mi lamento.
Arrivo peròin città che ormai è buio, e una bizzosa pioggerellina mi fa capire che la primavera è in arrivo ed il tempo sta cambiando. Con l'aiuto di un cortese poliziotto trovo la via per il centro, che è distante solo un paio di chilometri, e raggiungo uno degli hotel che avevo preventivamente individuato, il Cairo; le strade sono affollate come non mai, una banda attira i curiosi per l'inaugurazione di una gelateria, persone entrano ed escono dalle numerose pasticcerie che sembrano essere una delle attività principali da queste parti, donne ninja e donne a capo scoperto fanno gli ultimi acquisti della serata. Mangio al volo al ristorante "Ali Babà", noto ai più per produrre i migliori shawarma sandwich della regione (non sono male, lo ammetto, ma non li trovo particolarmente eccezionali), poi individuo grazie al sapiente aiuto di un negoziante di prodotti elettronici un internet cafe, che da queste parti pare si nascondano nei seminterrati dei palazzi... Chissà se la cosa è in qualche modo legata con l'aria che si respira dalla tremenda repressione (qualcuno la definisce "massacro", e forse il fatto che tra i qualcuno ci sia Amnesty International dovrebbe far pensare) che ci fu qui negli anni '80 (non sto a tediarvi con i particolari: basti dire che l'allora presidente Hassad, padre dell'attuale, non gradì essere dovuto scampare ad un attentato e pensò bene di farla finita con i fondamentalisti islamici che avevano come base proprio Hama; il resto lo trovate su Wikipedia)?!
Il giorno seguente il tempo è nuvoloso, durante la notte ha piovuto per benino, ma io ho deciso di provare a visitare le rovine di Afamia senza dipendere da uno dei costosi tour organizzati dall'hotel (che peraltro mi ha sistemato in una cucina trasformata in camera con la semplice aggiunta di un letto) e quindi, infilato nello zainetto anche l'ombrellino pieghevole - che vedi mai potrebbe pure servire, stavolta -, raggiungo la piccola stazioncina dei minibus, dove trovo due fratelli spagnoli che hanno fatto la stessa pensata e che, scopro parlandoci, stanno proprio nella stanza a fianco alla mia! Raggiungiamo la cittadina con un solo cambio, poi ci incamminiamo per la salitina che ci porta dove i romani avevano costruito l'ennesima città di cui resta praticamente solo il decumano, con colonne e capitelle e un selciato tuttora in buone condizioni, e qualche altra rovina ai margini. Il tempo non ha invogliato i turisti, siamo quasi soli eccezion fatta per alcuni tipi che si aggirano in motocicletta tra le rovine proponendo monete antiche e cartoline più o meno moderne, ed alcuni ragazzini che ad occhio e croce hanno bruciato scuola; schiviamo i rapidi acquazzoni riparandoci sotto quel che resta in piedi dei fregi, saliamo e scendiamo colline alla ricerca di un teatro che alla fine scopriamo non essere proprio "in forma" e seminascosto da greggi di pecore, facciamo amicizia con un cucciolo di cane da pastore che forse anche lui oggi non ha proprio tutta 'sta voglia di lavorare... Le nubi rendono particolarmente interessanti i giochi di luce ed ombra sulle pietre, e noi ci attardiamo a goderceli e a fotografarli; ma quando è l'una ci apprestiamo al ritorno, anche se veniamo praticamente trascinati da dei bambini a visitare la cittadella in cui abitano, e di cui ci fanno visitare i vicoli ed alcune case prima di chiederci l'immancabile regalino (moneta o penna che sia), che noi siamo concordi nel rifiutare (l'ho scritto in passato, e lo ripeto: dare "mance" ai bambini significa rovinarli, abituandoli ad elemosinare dai turisti; meglio, molto meglio, giocarci un pò assieme, ché il gioco - se non d'azzardo - non ha mai rovinato nessuno).
Ritorniamo ad Hama, e mentre los hermanos puntano all'hotel per cercare di risolvere un problema con il loro biglietto aereo per l'Oman io decido che è ancora presto e, con mossa sagace quanto azzardata, raggiungo un'altra stazione dei minibus e da questa vado ad Al Hamra, nei cui pressi ci sono alcuni villaggi con delle case costruite in fango e a forma di alveare: un sistema efficace per consentire il condizionamento dell'aria secoli prima che arrivasse DeLonghi con i suoi pinguini. Un pò di persone mi danno micropassaggi in auto, e arrivo in un posto in cui il sole sta colorando di rosso intenso questi enormi cumuli conici. Stormi di bambini mi assaltano, mi sa che non sono il primo turista che passa di qui ma oggi sono proprio l'unico; di nuovo mi fanno da guida, vogliono giocare, scambiare qualche parola, e poi i più spudorati di loro chiedono l'ennesima mancia. Io giro tra le case, scatto foto a profusione, poi aiuto dei contadini a spingere un trattore che ha la batteria scarica e ritorno verso Hamra che comincia a tramontare il sole, accorgendomi solo ora che ho passato altri insediamenti con le stesse, identiche costruzioni.
Ad Hama ho giusto il tempo di sciacquarmi la faccia nel bagno dell'hotel, poi raggiungo l'unico membro locale di CouchSurfing che sia stato in grado di contattare. Abdul gestisce, con la famiglia e gli 8 fratelli, un laboratorio dove si confezionano a mano, su vecchi telai di legno, asciugamani ed altri tessuti con motivi decorativi tradizionali, e me lo fa fieramente visitare, dopodiche passiamo ore a parlare con lui ed un suo amico (e, occasionalmente, con qualcuno della banda degli otto) di così tanti argomenti che stenso a ricordarli tutti: dalla politica interna alla musica, dall'Islam ai suoi effetti sulle ragazze, dalle località interessanti da visitare in Siria alle colline toscane... Hamburger, rigorosamente di carne bovina, e alcuni dolcetti da una delle pasticcerie dei dintorni ci danno l'energia per continuare fino a mezzanotte, quando saluto i miei nuovi amici e torno in hotel per un sonno riposante, dopo tutto il camminare di oggi. Ma è solo una pausa, perché al mattino visito finalmente Hama, cercando di vedere tutte e diciassette le sue Noria, enormi ruote di legno che innalzavano l'acqua fino ad un sistema di acquedotti che poi servivano tutta la città. Non ce la faccio, ma ne incontro comunque una buona metà, e poi di corsa in albergo a raccattare le mie cose per raggiungere Tartus, sulla costa, dove spero mi aspetti un tempo migliore.
Nota bene:
- per raggiungere Afamia (o Apamea che dir si voglia), si devono prendere due minibus: il primo dalla stazione minibus di Hama, direzione Al Qeilibiya (35 SYP, 35'), e poi da li' uno per Qa'alat al-Mudiq (10 SYP, 15');
- per raggiungere i villaggi con casette ad alveare, da Hama si deve prendere un minibus per Al Hamra (25-30 SYP, 30') dalla stazione Hamra Garage, e poi fare un po' di sano autostop.
- per raggiungere Afamia (o Apamea che dir si voglia), si devono prendere due minibus: il primo dalla stazione minibus di Hama, direzione Al Qeilibiya (35 SYP, 35'), e poi da li' uno per Qa'alat al-Mudiq (10 SYP, 15');
- per raggiungere i villaggi con casette ad alveare, da Hama si deve prendere un minibus per Al Hamra (25-30 SYP, 30') dalla stazione Hamra Garage, e poi fare un po' di sano autostop.
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inserito il 09/03/2011
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