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Poveri, ma con Alegria
Sugli autobus, guardie armate con fucili a pompa proteggono (o almeno ci si provano) dai numerosi assalti; nelle strade, con 27 gradi dicono che è un'estate fredda, e raccontano dell'afa invernale; le iguane atraversano pavoneggiandosi i selciati dei parchi pubblici, mentre la gente tenta di impedir loro di rifarsi le unghie sulle sue scarpe; le signore e signorine di ogni età, vestite succintamente, esibiscono le loro grazie e - purtroppo - anche le loro disgrazie (non ho mai visto tanti culi obesi in vita mia!); 5 tartarughe giganti mangiano tranquille l'insalata nel parco dell'Università ESPOL, senza rimpiangere le loro lontane isole Galapagos; il pollo ha lasciato il posto al pesce nei piatti, i succhi di frutta e i frullati si vendono ad ogni angolo.
Questo è l'Ecuador che ho incontrato, arrivando qui a Guayaquil. Caldo, ma non torrido, e molto più marinaro della costa peruviana.
I sindaci negli ultimi anni hanno cominciato a rinnovare la città, il "malecon 2000" (il lungofiume) è superbamente scintillante per la pulizia e l'ordine che vi regnano, e così molti viali e parchi; a qualche isolato di distanza, però, la sporcizia si accumula ancora nelle strade, mentre gli alberi cadendo si tirano dietro grovigli di cavi elettrici.
Io mi aggiro, un pò incuriosito ed un pò titubante, cercando di capire come sopravvivere ai prezzi che seguono quel dollaro statunitense usato come moneta locale, e provandole tutte (ma proprio tutte!) per raggiungere le Galapagos senza dilapidare una ricchezza. Ma è dura: le isole sono l'attrattiva principale di questo Paese, e le lobby di ricconi le hanno blindate e rese quasi inaccessibili per i viaggiatori risparmiosi.
Mi appoggiano, aiutano quotidianamente, e soprattutto accolgono sempre con un sorriso quando ritorno la sera due persone speciali: Alegria e (don) Antonio Meija. Sono i genitori di Karina, la signora (membra di SERVAS) che ho conosciuto assieme al marito a Valparaiso in Cile. I miei due angeli ecuadoriani non sono membri della stessa associazione, ma quando la figlia gli ha scritto che un loro amico sarebbe passato da qui si son fatti in quattro per ospitarmi. Vivono del pochissimo che guadagnano con il chioschetto che hanno all'ingresso di casa, una cocacola ora e due caramelle tra un po', e onestamente io mi domando come fanno a campare... anzi, lo domando a loro, e Alegria mi racconta che ogni giorno mettono da parte un dollaro per essere sicuri di poter pagare luce (14 US$) acqua e gas a fine mese. E sorridono, perché la vita non è fatta di banconote da cento in tasca, e la salute (anche se ci sono l'osteoporosi e il diabete con cui fare i conti) va abbastanza bene e quando avanza qualcosa a tavola si regala ai vicini perché così si fa tra vicini. Io all'inizio mi sentivo intimidito da tutto questo, non sapevo come dimostrargli la mia riconoscenza, ho dovuto inventare mille trucchi per contribuire almeno un pò alle loro spese (si passa davanti ad un supermarket, io dico che mi va di prendere un gelato, quando siamo dentro chiedo se manca qualcosa a casa come olio o riso e così si fa un pò di spesa, per esempio); ma ho capito che la riconoscenza è anche solo dire "grazie", e che anche dai miei racconti di viaggio si possono trarre sogni che fanno andare lontano.
Oggi Alegria ed io siamo andati a visitare il Giardino Botanico, lei non c'era mai stata ed io volevo visitarlo così l'ho invitata; al ritorno, dopo aver goduto della bellezza di orchidee e farfalle (poche, a dir la verità... ma non è stagione), don Antonio aveva preparato un pollo ai funghi, per ricambiare la mia pastasciutta di due giorni fa... ce la stiamo godendo, e un pò mi dispiace di partire domani, per cominciare a visitare questo Paese (ho deciso di rimandare la decisione Galapagos a Settembre, quando i prezzi dovrebbeo calare un poco); ma so già che tornerò tra qualche settimana, quando il tour dell'Ecuador sarà terminato, dato che in Colombia non vado (troppo bianco e troppo alto, per non farmi rapire, come mi dissero Karina e Gaston a suo tempo). E troverò i miei due amici, il sorriso di Alegria e la voce roca di don Antonio, che ride al pensiero che la "mantequilla" in italiano si dice "burro" (che qui significa asino) e che sogna il Giappone, con tutte le sue diavolerie tecnologiche ed i suoi caratteri indecifrabili.
Ecuador, a me!
Questo è l'Ecuador che ho incontrato, arrivando qui a Guayaquil. Caldo, ma non torrido, e molto più marinaro della costa peruviana.
I sindaci negli ultimi anni hanno cominciato a rinnovare la città, il "malecon 2000" (il lungofiume) è superbamente scintillante per la pulizia e l'ordine che vi regnano, e così molti viali e parchi; a qualche isolato di distanza, però, la sporcizia si accumula ancora nelle strade, mentre gli alberi cadendo si tirano dietro grovigli di cavi elettrici.
Io mi aggiro, un pò incuriosito ed un pò titubante, cercando di capire come sopravvivere ai prezzi che seguono quel dollaro statunitense usato come moneta locale, e provandole tutte (ma proprio tutte!) per raggiungere le Galapagos senza dilapidare una ricchezza. Ma è dura: le isole sono l'attrattiva principale di questo Paese, e le lobby di ricconi le hanno blindate e rese quasi inaccessibili per i viaggiatori risparmiosi.
Mi appoggiano, aiutano quotidianamente, e soprattutto accolgono sempre con un sorriso quando ritorno la sera due persone speciali: Alegria e (don) Antonio Meija. Sono i genitori di Karina, la signora (membra di SERVAS) che ho conosciuto assieme al marito a Valparaiso in Cile. I miei due angeli ecuadoriani non sono membri della stessa associazione, ma quando la figlia gli ha scritto che un loro amico sarebbe passato da qui si son fatti in quattro per ospitarmi. Vivono del pochissimo che guadagnano con il chioschetto che hanno all'ingresso di casa, una cocacola ora e due caramelle tra un po', e onestamente io mi domando come fanno a campare... anzi, lo domando a loro, e Alegria mi racconta che ogni giorno mettono da parte un dollaro per essere sicuri di poter pagare luce (14 US$) acqua e gas a fine mese. E sorridono, perché la vita non è fatta di banconote da cento in tasca, e la salute (anche se ci sono l'osteoporosi e il diabete con cui fare i conti) va abbastanza bene e quando avanza qualcosa a tavola si regala ai vicini perché così si fa tra vicini. Io all'inizio mi sentivo intimidito da tutto questo, non sapevo come dimostrargli la mia riconoscenza, ho dovuto inventare mille trucchi per contribuire almeno un pò alle loro spese (si passa davanti ad un supermarket, io dico che mi va di prendere un gelato, quando siamo dentro chiedo se manca qualcosa a casa come olio o riso e così si fa un pò di spesa, per esempio); ma ho capito che la riconoscenza è anche solo dire "grazie", e che anche dai miei racconti di viaggio si possono trarre sogni che fanno andare lontano.
Oggi Alegria ed io siamo andati a visitare il Giardino Botanico, lei non c'era mai stata ed io volevo visitarlo così l'ho invitata; al ritorno, dopo aver goduto della bellezza di orchidee e farfalle (poche, a dir la verità... ma non è stagione), don Antonio aveva preparato un pollo ai funghi, per ricambiare la mia pastasciutta di due giorni fa... ce la stiamo godendo, e un pò mi dispiace di partire domani, per cominciare a visitare questo Paese (ho deciso di rimandare la decisione Galapagos a Settembre, quando i prezzi dovrebbeo calare un poco); ma so già che tornerò tra qualche settimana, quando il tour dell'Ecuador sarà terminato, dato che in Colombia non vado (troppo bianco e troppo alto, per non farmi rapire, come mi dissero Karina e Gaston a suo tempo). E troverò i miei due amici, il sorriso di Alegria e la voce roca di don Antonio, che ride al pensiero che la "mantequilla" in italiano si dice "burro" (che qui significa asino) e che sogna il Giappone, con tutte le sue diavolerie tecnologiche ed i suoi caratteri indecifrabili.
Ecuador, a me!
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inserito il 06/08/2005
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