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Un cuore di plastica per l'Inca
Qosco (o, come dicon tutti, Cusco) è la capitale dell'ex impero Inca, oltre ad essere la capitale del turismo nell'America del Sud: da qui gli Inca governavano le 4 provincie del loro vastissimo regno, e qui migliaia di turisti sciamano ogni giorno per le strade e le piazze.
Ne hanno ben d'onde: nonostante l'enorme impegno profuso dagli spagnoli conquistatori, che hanno costruito tutto quello che potevano sulle rovine delle costruzioni dei loro predecessori, rimangono tantissime vestigia di una cultura che ha raggiunto una potenza ed una sapienza incredibili... ovunque, muri costruiti con incastri perfetti di pietre enormi (la più famosa ha ben 12 angoli), le note porte - e, a volte, finestre - trapezoidali, e opere architettoniche come i sistemi di deflusso delle acque rendono omaggio al livello raggiunto da questa antica civiltà. E nei dintorni del Cusco (perché ci si riferisce alla antica capitale con l'appellativo "El") altri resti, altre cittadelle, acquedotti ancora funzionanti, pietre misteriose che in occasioni come il solstizio appena passato formano giochi di ombre e luci con simboli speciali (nel caso a cui ho assistito, un puma, che per gli antichi rappresentava il regno della terra, contrapposto al cielo del condor ed al sottosuolo del serpente).
Ma la ragione per cui io ed altre innumerevoli persone siamo giunti qui durante questi giorni è stato l'Inti-Raymi, la festa del Sole. Giorni di sfilate per la Plaza de Armas hanno preceduto gli eventi del giorno 24 (sì, lo so che il solstizio, che qui segna l'avvicinarsi della primavera e dei suoi giorni più lunghi delle notti, è il 21, ma i cattolici spagnoli nel tentativo di sradicare tutti i precedenti miti son riusciti a rendere festivo il giorno di San Giovanni, appunto il 24!): al mattino,una folla immensa ha assistito all'arrivo del corteo dell'Inca, che ha salutato il sole crescente dai balconi della chiesa di Santo Domingo (costruiti dove prima stava il palazzo dedicato alla nostra stella); poi, preceduto da danzatrici e messaggeri sempre di corsa, da suonatori e da "spazzini" (tipi con in mano delle specie di scope, che ripulivano cerimoniosamente il cammino), l'Inca sulla sua portantina ha raggiunto la Plaza de Armas,mentreio scattavo a tutta velocità per raggiungere il Saqsaywaman, a 3 km dal centro, dove un palco circondato da tribune (i cui posti erano in vendita a prezzi tra i 40 e gli 80 dollasi USA!) lo attendeva. Come la maggior parte dei cuschegni, e dei viaggiatori squattrinati, io mi sono appostato sulle rocce circostanti, dalle quali onestamente la visuale pareva molto migliore (essendo sopraelevata).
L'Inca è arrivato, col suo seguito, agli inizi del pomeriggio; il gran sacerdote l'ha accolto sul palco, i musici suonavano, i soldati provenienti dalle 4 regioni dell'Impero gli rendevano omaggio. I suoi governatori gli hanno fatto rapporto, e poi le cerimonie sono iniziate, bevendo "chicha" (ed offrendone un poca alla madre terra) e poi sacrificando un lama: il povero animale è stato portato sul palco, tenuto disteso sull'altare, mentre il gran sacerdote ne estraeva il cuore e vi leggeva il futuro (un esame attento dell'altare con un binocolo ha mostrato però che lo stesso non presentava nessuna traccia di sangue; ed una delle foto che ho scattato mostra chiaramente la plasticità del cuore dell'animale, che ovviamente non è stato sacrificato per davvero ma solo narcotizzato). Ancora un pò di discorsi, rivolti al sole,in Quechua, la lingua che qui ancora si parla, e poi tutti a casa...
Ora, dopo aver visitato anche il museo Inca del Cusco, davvero molto bello ed informativo, sono pronto per raggiungere la cittadella perduta: MachuPicchu. E scoprire, finalmente, come si scrive...
Ne hanno ben d'onde: nonostante l'enorme impegno profuso dagli spagnoli conquistatori, che hanno costruito tutto quello che potevano sulle rovine delle costruzioni dei loro predecessori, rimangono tantissime vestigia di una cultura che ha raggiunto una potenza ed una sapienza incredibili... ovunque, muri costruiti con incastri perfetti di pietre enormi (la più famosa ha ben 12 angoli), le note porte - e, a volte, finestre - trapezoidali, e opere architettoniche come i sistemi di deflusso delle acque rendono omaggio al livello raggiunto da questa antica civiltà. E nei dintorni del Cusco (perché ci si riferisce alla antica capitale con l'appellativo "El") altri resti, altre cittadelle, acquedotti ancora funzionanti, pietre misteriose che in occasioni come il solstizio appena passato formano giochi di ombre e luci con simboli speciali (nel caso a cui ho assistito, un puma, che per gli antichi rappresentava il regno della terra, contrapposto al cielo del condor ed al sottosuolo del serpente).
Ma la ragione per cui io ed altre innumerevoli persone siamo giunti qui durante questi giorni è stato l'Inti-Raymi, la festa del Sole. Giorni di sfilate per la Plaza de Armas hanno preceduto gli eventi del giorno 24 (sì, lo so che il solstizio, che qui segna l'avvicinarsi della primavera e dei suoi giorni più lunghi delle notti, è il 21, ma i cattolici spagnoli nel tentativo di sradicare tutti i precedenti miti son riusciti a rendere festivo il giorno di San Giovanni, appunto il 24!): al mattino,una folla immensa ha assistito all'arrivo del corteo dell'Inca, che ha salutato il sole crescente dai balconi della chiesa di Santo Domingo (costruiti dove prima stava il palazzo dedicato alla nostra stella); poi, preceduto da danzatrici e messaggeri sempre di corsa, da suonatori e da "spazzini" (tipi con in mano delle specie di scope, che ripulivano cerimoniosamente il cammino), l'Inca sulla sua portantina ha raggiunto la Plaza de Armas,mentreio scattavo a tutta velocità per raggiungere il Saqsaywaman, a 3 km dal centro, dove un palco circondato da tribune (i cui posti erano in vendita a prezzi tra i 40 e gli 80 dollasi USA!) lo attendeva. Come la maggior parte dei cuschegni, e dei viaggiatori squattrinati, io mi sono appostato sulle rocce circostanti, dalle quali onestamente la visuale pareva molto migliore (essendo sopraelevata).
L'Inca è arrivato, col suo seguito, agli inizi del pomeriggio; il gran sacerdote l'ha accolto sul palco, i musici suonavano, i soldati provenienti dalle 4 regioni dell'Impero gli rendevano omaggio. I suoi governatori gli hanno fatto rapporto, e poi le cerimonie sono iniziate, bevendo "chicha" (ed offrendone un poca alla madre terra) e poi sacrificando un lama: il povero animale è stato portato sul palco, tenuto disteso sull'altare, mentre il gran sacerdote ne estraeva il cuore e vi leggeva il futuro (un esame attento dell'altare con un binocolo ha mostrato però che lo stesso non presentava nessuna traccia di sangue; ed una delle foto che ho scattato mostra chiaramente la plasticità del cuore dell'animale, che ovviamente non è stato sacrificato per davvero ma solo narcotizzato). Ancora un pò di discorsi, rivolti al sole,in Quechua, la lingua che qui ancora si parla, e poi tutti a casa...
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inserito il 25/06/2005
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