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Correr nudi con un casco di banane in spalla
La Tapati Rapanui, vale a dire il festival dell'Isola di Pasqua, è una gara, una tenzone durante la quale due gruppi di famiglie (in qualche modo collegate alle anmtiche tribù locali) fanno di tutto per far vincere la loro candidata e farla divenire regina dell'isola (per un anno, ovvero fino al festival seguente).
Oltre all'ovvia sfilata in costume da bagno e camicia da notte, le due ragazze devono rispondere a difficilissime domande quali "quale credi sia il significato dei moai?" e "quali sono le tribù da cui discendono i tuoi famigliari (Gennaro Olivieri e Guido Pancaldi si rivolterebbero nella tomba...). Ma la parte più interessante la svolgono tutti gli altri: ognuno parteggia per l'una o per l'altra, e mette alla prova le proprie abilità per guadagnare punti utili alla vittoria finale; si hanno così prove di canto, di ballo, di presentazione di tatuaggi, di scultura e cucina, di rappresentazione di leggende e fatti storici, il tutto durante le giornate nel villaggio o nelle lunghe serte sull'enorme palcoscenico circondato da chioschetti che vendono cibo agli affamati e bevande agli assetati. Il top, però, lo si raggiunge nelle prove fisiche, più una sorta di Giochi senza Frontiere che di Olimpiadi: gente che si butta in scivolata lungo il cratere di un vulcano su slittini fatti di foglie di banano, gente che fa surf a corpo libero sulle onde enormi che si infrangono sulla costa, ed il triatlon dell'isola: attraversamento di un laghetto vulcanico in canoa autocostruita, giro di corsa seminudi del medesimo cratere con casco di banane di 30 (!) kg sulle spalle, altro mezzo giro senza frutti e poi nuotata attraverso il suddetto laghetto (primo premio: un punto per la candidata, e 1000 dollari americani per il corridore).
Ogni sera, poi, lo spettacolo si protrae fino a tarda notte, con gruppi musicali che concertizzano e gruppi artistici ospiti che si esibiscono in balli e rappresentazioni teatrali.
Il tutto (o quasi: ogni tanto ci scappa un riassuntino in spagnolo) esclusivamente in lingua Rapanui. Il che, a dire il vero, tedia leggermente (almeno quanto la pioggia, che cade puntualmente almeno 2 volte per serata, costringendo tutti a fughe a rotta di collo per ripararsi alla meno peggio) le moltitudini di visitatori (cileni e non) presenti, che non capiscono un'acca di quanto viene detto. È un peccato, perché oltre che ammirare i costumi colorati ed i tatuaggi e scattare qualche foto non si può far molto di più, e il risultato ottenuto è una mera esibizione di una cultura che appare sempre più chiusa in sè stessa. Contenti loro, contenti tutti... ma i discorsi magniloquenti della prima serata da parte di sindaco ed autorità varie rieccheggiano nel vuoto delle espressioni interrogative sulle facce dei presenti.
Oltre all'ovvia sfilata in costume da bagno e camicia da notte, le due ragazze devono rispondere a difficilissime domande quali "quale credi sia il significato dei moai?" e "quali sono le tribù da cui discendono i tuoi famigliari (Gennaro Olivieri e Guido Pancaldi si rivolterebbero nella tomba...). Ma la parte più interessante la svolgono tutti gli altri: ognuno parteggia per l'una o per l'altra, e mette alla prova le proprie abilità per guadagnare punti utili alla vittoria finale; si hanno così prove di canto, di ballo, di presentazione di tatuaggi, di scultura e cucina, di rappresentazione di leggende e fatti storici, il tutto durante le giornate nel villaggio o nelle lunghe serte sull'enorme palcoscenico circondato da chioschetti che vendono cibo agli affamati e bevande agli assetati. Il top, però, lo si raggiunge nelle prove fisiche, più una sorta di Giochi senza Frontiere che di Olimpiadi: gente che si butta in scivolata lungo il cratere di un vulcano su slittini fatti di foglie di banano, gente che fa surf a corpo libero sulle onde enormi che si infrangono sulla costa, ed il triatlon dell'isola: attraversamento di un laghetto vulcanico in canoa autocostruita, giro di corsa seminudi del medesimo cratere con casco di banane di 30 (!) kg sulle spalle, altro mezzo giro senza frutti e poi nuotata attraverso il suddetto laghetto (primo premio: un punto per la candidata, e 1000 dollari americani per il corridore).
Ogni sera, poi, lo spettacolo si protrae fino a tarda notte, con gruppi musicali che concertizzano e gruppi artistici ospiti che si esibiscono in balli e rappresentazioni teatrali.
Il tutto (o quasi: ogni tanto ci scappa un riassuntino in spagnolo) esclusivamente in lingua Rapanui. Il che, a dire il vero, tedia leggermente (almeno quanto la pioggia, che cade puntualmente almeno 2 volte per serata, costringendo tutti a fughe a rotta di collo per ripararsi alla meno peggio) le moltitudini di visitatori (cileni e non) presenti, che non capiscono un'acca di quanto viene detto. È un peccato, perché oltre che ammirare i costumi colorati ed i tatuaggi e scattare qualche foto non si può far molto di più, e il risultato ottenuto è una mera esibizione di una cultura che appare sempre più chiusa in sè stessa. Contenti loro, contenti tutti... ma i discorsi magniloquenti della prima serata da parte di sindaco ed autorità varie rieccheggiano nel vuoto delle espressioni interrogative sulle facce dei presenti.
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inserito il 05/02/2005
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